Attenzione alla filosofia: presa in dosi sbagliate può avere effetti nocivi!
Si
attribuisce a Platone l’affermazione che l'uomo fosse l'unico animale a essere
bipede e implume insieme!
Diogene
di Sinope -
famoso per aver detto ad Alessandro di spostarsi perché la sua posizione oscurava il sole - cinico qual era,
spennò un pollo, lo mostrò in pubblico e annunciò: "Ecco l'uomo di Platone"!
Da allora,
ancora oggi siamo a chiederci cosa sia l'uomo. Affermare che l'uomo[1] sia un
bipede implume si ottiene una prima classificazione di tipo morfologico che
finisce con Linneo ponendo l'uomo nella famiglia degli ominidi nell'ordine dei
primati.
Molti caratteri
differenziali tra l'uomo e gli ominidi sono ancora da scoprire e la scienza
sguazza tra una miriade di osservazioni specialistiche senza concludere l’argomento in un ambito unitario. Perché tributaria di tutto lo scibile umano,
la ricerca, tra le discipline antropologiche, beneficia di tecnologie sofisticate
per identificare quale sia il carattere distintivo che differenzia l’uomo
moderno dall’uomo antico, e quest’ultimo dagli ominidi, ma il carattere distintivo
è come l'araba fenice: ha mille forme, e … "che ci sia, ognun lo dice, dove sia, nessun lo sa"?
°°°
Al
riguardo limito l'esame all'Uomo
considerandolo come Essere che vive in Società. Non si tratta di osservare se il carattere differenziale dell’uomo rispetto all’ominide sia costituito dalla massa cerebrale o dalla grande mobilità
del braccio e della mano. Nemmeno considero come e quando avvenne la
trasformazione, né se l’uno sia stato generato dall’altro.
Platone
tentava di cogliere le peculiarità di ogni essenza, ma il suo sforzo, per
l'uomo, non andò oltre alla coesistenza di due aspetti che nel loro insieme erano
distintivi, ma non unici. Così anche Schelling, sostenendo che "Ogni singolo essere è fatto per ciò che fa",
abbracciava tutte le essenze in un ordine universale senza rilevare alcuna
peculiarità distintiva tra un Essere
e l’altro. Di contro, la constatazione di Schelling diverrebbe utile se si
considerasse che l’Essere E’ in quanto FA
e trasformando la sua frase in: Ogni
singolo essere E’ per ciò che E’. Il ché ci farebbe capire la distinzione tra
cosa faceva - ieri - l’uomo, per Essere,
e cosa fa l’uomo - oggi - per Essere[2].
Non sto disquisendo
oltre sulle due proposizioni: le considero solo per cercare di elevarle a un
contesto più vasto di un sofisma.
Allora qual
è la peculiarità distintiva dell'uomo?
A mio
parere, occorre semplificare il problema pensando che il tempo non esista
ovvero che la creazione comprenda in sé l'evoluzione del creato e, quindi, la
sua storia. Così accontento tutti: da Parmenide a Eraclito, da Platone ad
Aristotele, da Sant'Agostino a San Tomaso, da Erasmo da Rotterdam a Kant e in
ultimo da Darwin a Marx.
Ed ecco
la risposta alla prima domanda: l’Uomo E’
in quanto FA e ha Coscienza di saper
FARE. Questa è l’unica sua reale peculiarità
che lo contraddistingue da ogni altra cosa conosciuta del creato. Questa
distinzione non compromette il fatto che nell’Uomo abiti l’animalità.
In altre
parole, oggi, la risorsa principale dell'uomo non è il petrolio o la soia ma sapere
estrarre il petrolio e sapere
coltivare la soia; così è stato sempre, sin da quando egli è stato creato per
accrescere il suo dominio nella natura. E non tutti gli uomini hanno impresso
questo carattere: solo alcuni sanno estrarre il petrolio; altri coltivare la
soia; altri ancora non sanno o non hanno voglia di far niente ma consumano.
E l’Uomo è
stato creato[3], perché
non è ragionevole pensare che si sia
creato da solo!
Ed ecco,
infine, la considerazione finale: il nostro passato, il nostro presente e il
nostro futuro sono scritti nelle pagine che precedono questo capitolo e, in
particolare, negli episodi relativi all'inizio dell'umanità così come ci sono
riferiti dalla Bibbia.
Scienza?
No, non è sufficiente: è necessaria, invece, la sapienza dei grandi di ogni
tempo, ispirati dalla Bibbia e dai miti che la precedono o che la succedono,
per rappresentare, al presente, la nostra storia!
Questi
grandi sono artisti e artefici, tra i quali anche poeti, matematici, ricercatori
e scienziati che, da osservazioni elementari, ricavano impressioni che
rappresentano, traducono, interpretano e trasformano in un linguaggio
comprensibile perché loro stessi e altri assumano conoscenze sempre più approfondite
sul proprio dominio che oggi è senza confini.
°°°
Quanto alla socialità dell’Uomo, questa – come detto in precedenza per le peculiarità che lo
distinguono – è rilevabile non per il suo carattere di animalità, il ché lo
farebbe somigliare a una formica o a una cicala, ma sempre considerando che la
sua Azione è determinabile dalla Coscienza retta dalla Responsabilità.
L’Uomo è Uomo
in quanto vive in società e agisce sotto l’egida di una morale condivisa. Il Consenso – purché condiviso
volontariamente [4] - è
la chiave dell’Equilibrio sociale.
[2] Quella di Schelling è una tautologia; Ogni singolo essere E’ per ciò che E’ è un tropo cioè un argomento non discutibile; l’Essere E’ in quanto FA è l’argomento discusso in questo libro.
[3] Non è compito mio entrare in discussione sulle teorie che vorrebbero il caso creatore e fattore evolutivo di ogni cosa. Tuttavia la mia convinzione porta a considerare il caso incapace di creare perché occorrerebbe dimostrare che il caos abbia avuto il mezzo di crearsi, da solo, un ordine.
[4] Inciso necessario per differenziarlo dal consenso imposto secondo le teorie di Antonio Gramsci.
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