Sempre attuale

Risonanza, biforcazioni e fluttuazioni

  Sul dilemma tra necessità e possibilità, ritengo sia determinante l'intervento di Ilya Prigogine, laddove, nella processualità...

23 luglio 2006

Smettiamola di sparlare

Non sono un individuo! Sono una persona.
Mi sento individuo quando il mio sentimento di libertà è oppresso e, quindi, sparlo; mi sento persona quando non mi sento oppresso e, quindi, parlo.
Dal mese di luglio dello scorso anno, ovvero da quando scoppiarono gli scandali Antonveneta, RCS e Unipol mi sforzo di non sparlare, di non menzionare le persone coinvolte, di non commentare alcunché perché dal commento di questi fatti incredibili di cronaca non si ricava niente di utile e solo danno per tutti.
Ma, ora, che un governo pletorico, litigioso, incompetente (oltre 100 persone che si comportano come individui al servizio di otto capibanda, insediatisi come ministri, spacchettati o non, vice ministri con o senza incarico, sotto qualcosa con o senza portafoglio ecc.) raggiunge - in trionfo - il vertice della stupidità politica con la pretesa di abolire con decreti le corporazioni e gli ordini professionali; di cambiare politica estera; di violare gli accordi internazionali; di privatizzare le imprese svendendole all'estero (Air France si è preparata riducendo a metà il valore della sua partecipazione in Alitalia), spezzare il duopolio RAI - Mediaset facendo ricadere quest'ultima nelle maglie di Murdock, già forte di suo con Sky; insomma, di cambiare tutto mettendo sottosopra il paese:
  1. riuscirò a parlare ancora;
  2. dovrò sparlare e, come tutti, andare in piazza per la prima volta per protestare a favore della mia categoria (quella dei pensionati; degli utenti TV, elettricità, gas, telefonia fissa e mobile a banda stretta, larga e larghissima; dei proprietari di prima casa; degli utenti potenziali di una seconda casa in affitto in Sardegna .... sono sicuro che l'elenco non è completo);
  3. farò la fine di Buridano che muore perché non sapeva su quale campo brucare l’erba?

Chiarisco subito che parlare o scrivere è la stessa cosa. Uso il verbo parlare nel senso di esprimere concetti intorno ad un argomento definito.Per sparlare vale lo stesso principio salvo il fatto che l’espressione del concetto è volto a demolire le argomentazioni che ne sono a fondamento.
Dalla demolizione non nasce nulla se non si ha un progetto valido.
L’attuale governo non esprime alcun progetto valido e condivisibile; dunque tutto ciò che produce non può che essere frutto di mercimonio e compromesso e il parlarne si traduce nello sparlare a livello di litigio condominiale.
Eppure, io credo che bisogna parlare; abbiamo parlato poco e male; non siamo convincenti e non siamo sufficientemente armati intellettualmente per controbattere la dialettica idealista ottocentesca che sorregge il pensiero politico della parte essenziale che sostiene l’attuale maggioranza.
Come e cosa fare?
A mio parere questo:

  • non sparlare;
  • non cadere nella trappola dei sofismi marx-nihilisti, sostenuti da un pensiero debole di nome e di fatto propagato dagli acchiappacitrulli che dominano la scena nei salotti radical chic della capitale e sulle spiagge trendy del litorale italiano;
  • parlare solo in senso positivo affermando ad esempio che la ricchezza non è il male e che il male lo commette solo chi non la usa bene;
  • proporre cose fattibili come una sana politica a favore dello sviluppo della famiglia costruita su base solidale e non assistenziale;

Questo è quanto. Occorre ora affrontare ogni singolo argomento.Per approfondire gli aspetti più particolari del mio pensiero, suggerisco la lettura della pagina “Benessere non è felicità” sul mio sito.

05 luglio 2006

Tassisti prodiani

E' apparso con le novità prodiane un fatto a me ignoto nelle sue scandalose proporzioni: quello delle licenze dei taxi, che è una condannabilissima estorsione fatta dai comuni, per di più facile a prestarsi a tangenti più o meno malavitose.

D'altronde la frittata è fatta e risale a epoche così lontane che una ingerenza della magistratura è quasi sicuramente inutile e costosa. D'altronde le licenze vanno concesse e tassativamente gratuite o quasi, a prezzi semmai fissati a livello nazionale ( alla faccia del federalismo! ) . D'altronde non si può azzerare il capitale versato dai tassisti ( altrimenti tanto vale azzerare l'acquisto di una seconda casa per arrotondarsi la pensione ). Normalmente dovrebbero essere i comuni a rimborsare le somme pagate ( cosa complicata, ma inevitabile ), ma i comuni non hanno ora i soldi, e meno ancora le finanze puibbliche. L'unica soluzione che vedo è far riconoscere alla povera INPS ( è purtroppo la solita vittima dei malaffari di stato ) il valore delle licenze pagate in conto pensione. Questo permetterebbe di prevedere e diluire i pagamenti pensionistici, che per quelle quote devono essere i comuni, i quali si trovano con un futuro carico inatteso, di cui le attuali amministrazioni non sono responsabili. Ma almeno questa tassa del comune può essere diluita nel tempo e lo Stato può e deve prevedere una sua quota di aiuto.

5.7.2006

01 luglio 2006

Ivan Liggi - Un poliziotto in galera

Per le affinità di opinioni che condivido con il miscredente trascrivo in toto il post che ha inserito ieri nel suo blog.
La vicenda sofferta da Ivan Liggi è sconcertante al punto da suscitare l'assoluto dell'indignazione! Questa è la vera e autentica occasione perchè il Capo dello Stato possa dimostrare di essere realmente super partes e di essere, nei fatti, anche il mio Presidente: questo succederà se Egli accoglierà la domanda di grazia di Ivan Liggi e se non si sotratterà, adducendo qualche recondito cavillo del nostro ordinamento costituzionale, al suo inderogabile potere di concedere quella grazia che, oggi - dopo le vicende del caso Bompressi - è interamente suo perchè non lo condivide più con il Ministro della Giustizia (ex Ministro di Grazia e Giustizia).
Ecco il post: dopo la lettura ti prego di considerare l'opportunità di manifestare - dal banner sottostante - il tuo appello di grazia a Giorgio Napolitano e a Clemente Mastella.

Riporto l'ultima intervista di Ivan Liggi, rilasciata pochi giorni fa nel carcere di Forlì a Massimo Pandolfi e pubblicata sull'edizione de Il Resto del Carlino del 22 giugno 2006.
Il poliziotto in galera - «La mia battaglia per la libertà» - Ivan Liggi e la grazia: «Ci spero»dall'inviato Massimo PandolfiForlì - Quando ci incontriamo, Ivan Liggi non sa ancora che a una manciata di chilometri da qui, da questo carcere forlivese che da 614 giorni è diventata la sua casa, vive da uomo praticamente libero Ferdinando Carretta, il ragazzo che a Parma sterminò la famiglia.Meglio così, forse. Infatti, scherzi del destino, sapete cosa ha detto come prima cosa Ivan, ieri mattina alle nove, al vostro cronista?«Mi sento un peso, per tutti. Che senso ha tenermi qua dentro dalla mattina alla sera? Vorrei poter lavorare, rendermi utile, aiutare chi ha bisogno e poi, per carità, la sera tornare in cella». Ciò che praticamente succede a Carretta, proprio a Forlì; Carretta che ha sterminato volontariamente la sua famiglia e Liggi che continua a ripetere che nove anni fa ha sparato per sbaglio a un ragazzo in fuga, figuriamoci se lo voleva uccidere.Comunque: l'incontro ha un altro scopo. Parlare di Ivan Liggi e della sua richiesta di grazia, proprio nel giorno in cui da Rimini partono in tour per l'Italia i camper della speranza, della grazia.
Chi è perplesso dice: Liggi ha presentato la richiesta di grazia troppo presto, magari fra qualche anno potrà ottenerla, ora no. Tu che rispondi?«Ti rispondo chiedendo di guardarmi in faccia. Ti sembro un pericoloso criminale capace di compiere reati appena uscito da qui?».
Onestamente no, ma mica si può giudicare solo dalla faccia...«Ecco, ti aggiungo che fino al giorno della sentenza definitiva della Cassazione ho continuato a fare il poliziotto, lo Stato mi faceva girare con la pistola e ho ricevuto complimenti. E poi, chiedi pure in giro, prima di entrare qua dentro sono sempre stato un ragazzo perbene».
Ivan, nove anni fa hai ucciso un uomo...«So solo io il dolore che provo dentro di me e che segnerà tutta la mia vita. Però più che continuare a dire che non solo non volevo uccidere quel ragazzo, Giovanni, ma che non volevo neppure sparare e che il colpo è partito accidentalmente dalla mia pistola, cosa posso fare?».
La sentenza ha scritto il contrario: omicidio volontario.«La rispetto e sto pagando. Penso però che sia mio diritto dire che non la condivido. Lo ripeterò anche dopo nove anni, cinque mesi e un giorno dalla condanna, quando sarò un uomo definitivamente libero».
Sempre che Napolitano non ti conceda la grazia.«Io non mi illudo, poi si sta peggio».
Però Napolitano ha cominciato la sua missione al Quirinale concedendo la grazia a Bompressi e se il buongiorno si vede dal mattino...«Me lo auguro. Vorrei solo che non si facessero giochi o speculazioni politiche. Io la politica non la conosco, non la seguo, non ci capisco niente. E un po' ci resto male anche quando il mio caso viene affiancato a quelli di Sofri, Bompressi e compagnia...».
Però si dice che Ciampi non ti abbia firmato la grazia per i suoi vecchi contrasti con l'ex ministro Castelli che non voleva liberare Bompressi e Sofri...«Non lo so e non mi interessa saperlo. Vorrei solo che il giorno in cui verrà esaminato il mio caso, si tenga conto della mia persona e basta. E vorrei ricordare che, comunque si valuti l'accaduto, io quella maledetta mattina del 1997 mi ero alzato per andare a lavorare e stavo cercando di fare il mio dovere: l'ho fatto evidentemente male se è successo quello che è successo. Mi sembra però che resti tanta indifferenza fra il sottoscritto e tanta gente che si svegliava non per andare a lavorare, ma per uccidere».
Liggi, cosa ti sta insegnando il carcere?«Che la solitudine è una brutta bestia. Che le domeniche, le feste, sono giornate terribili.Mi sono preso un impegno: prima o poi uscirò di qui, tornerò a vivere e lavorare e allora, almeno nei giorni di festa, dedicherò un po' delle mie ore alle persone sole, agli anziani, agli ammalati, ai carcerati. Penso a un sorriso, magari una carezza, un panettone da mangiare insieme. Il carcere mi sta insegnando queste cose».

Ivan Liggi.