Sempre attuale

Risonanza, biforcazioni e fluttuazioni

  Sul dilemma tra necessità e possibilità, ritengo sia determinante l'intervento di Ilya Prigogine, laddove, nella processualità...

29 settembre 2008

I tempi della libertà

L'errore è il male ma nel fare, non sappiamo se le nostre opere attueranno il bene. Dal non saperlo nasce la giustificazione dietro la quale, quasi sempre, si nasconde la vergogna.

Libero anche nella corsia sbagliata!
Come tutte le cose che riguardano gli esseri viventi, l'istinto a costituirsi in associazione è causato dal bisogno. Gli animali, come i lupi, per necessità di sopravvivenza, hanno la sola alternativa di seguire il più forte del branco.
Anche gli uomini, ma solo quando i mezzi vitali di sostentamento scarseggiano, sentono la necessità di imbrancarsi. Basti pensare alla popolazione civile di una città che soggiace all'incubo dei bombardamenti aerei e si capisce bene cosa vuol dire solidarizzare ovvero unire le proprie capacità per raccogliere tutto ciò che serve per mantenersi in vita suddividendo equamente ciò che si raccoglie secondo il bisogno di ciascuno.
In questi casi il senso morale accetta l'atto di razzia, il furto e quant'altro occorre per salvaguardare l'incolumità del gruppo, mentre condanna le azioni contro il gruppo di appartenenza ivi comprese quelle dei propri componenti, quando tradiscono!
Quando, invece, i mezzi non scarseggiano e si trovano a disposizione, ovviamente, non come l'aria che respiriamo: le cose cambiano.
Il capo branco non serve più, e il discorso si fa molto complicato perché tanto più aumenta la possibilità di soddisfare i desideri, tanto più, nei rapporti interpersonali, viene meno lo spirito di solidarietà per sostituirsi a quello di ottenere ciò che serve con lo scambio e non attraverso l'equa distribuzione.
Dalla costrizione di dover passare d'ora in ora ad occuparsi di sopravvivere, si passa a scegliere attività più gradevoli che vanno dal godere del proprio artefatto, dalla creazione artistica, dalla contemplazione sino a giungere all'ozio.
°°°
La libertà si articola tra queste scelte e il loro insieme determina il progetto esistenziale individuale.
La persona, nell'associarsi, trascorre il tempo manifestando il proprio arbitrio non più nel rapporto di amore e dono, ma di interesse.  Attraverso la scambio, essa ottiene i beni necessari secondo il progetto che ha predispostocosicché il suo tempo, in termini di occupazione, assuma un duplice aspetto:
  1. tempo dedicato al procacciamento del necessario alla percorrenza del progetto che coinvolge i quattro fattori di produzione (terra, capitale, lavoro, impresa);
  2. tempo libero per esercitare attivamente o passivamente ciò che procura benessere.
La libertà, coi suoi vincoli, si misura tra questi due tempi che non hanno confini definiti in quanto sono il frutto dell'alternarsi di sentimenti e passioni che coinvolgono la ragione. Peraltro, tra questi due tempi, esiste un conflitto drammatico, vissuto dall'umanità sin dalla sua origine.
Se l'ontologia rappresenta ciò che è lo sviluppo spontaneo della natura, la deontologia è ciò che l'uomo deve fare per asservirla a suo vantaggio. Il paradosso sta nel fatto che la natura, in cui l'uomo si integra, costringe l'uomo ad asservirsene, ma, all'opposto, è l'uomo ad essere libero di asservirsene. Quindi è l'uomo il re nella natura e nessun altro ha questo potere.
Se c'è qualche critica a quanto vado dicendo, questa non può che scaturire da argomentazioni che germinano  al di fuori della Bibbia.
Infatti, Dio creò l'uomo e lo lasciò libero. Adamo ed Eva generarono Caino e Abele; l'uno lavoratore del suolo, l'altro pastore di greggi. Caino uccise Abele.
Quale il movente? Segue il testo della Bibbia - Genesi cap. 4.3 (da LiberLiber)
3Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al
Signore; 4anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il
Signore gradì Abele e la sua offerta, 5ma non gradì Caino e la sua offerta.
Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto.
6Il Signore disse allora a Caino: "Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto?
7Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo".
8Caino disse al fratello Abele: "Andiamo in campagna!". Mentre erano
in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.
9Allora il Signore disse a Caino:"Dov'è Abele, tuo fratello?". Egli rispose: "Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?". 10Riprese: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! 11Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. 12Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra". 13Disse Caino al Signore: "Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono? 14Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere". 15Ma il Signore gli disse:"Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!".Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato.
16Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden. 17Ora Caino si unì alla moglie che concepì e partorì Enoch; poi divenne costruttore di una città, che chiamò Enoch, dal nome del figlio. 18A Enoch nacque Irad; Irad generò Mecuiaèl e Mecuiaèl generò Metusaèl e Metusaèl generò Lamech. 19Lamech si prese due mogli: una chiamata Ada e l'altra chiamata Zilla. 20Ada partorì Iabal: egli fu il padre di quanti abitano sotto le tende presso il bestiame. 21Il fratello di questi si chiamava Iubal: egli fu il padre di tutti i suonatori di cetra e di flauto. 22Zilla a sua volta partorì Tubalkàin, il fabbro, padre di quanti lavorano il rame e il ferro. La sorella di Tubalkàin fu Naama.
Leggo questo testo e mi pongo due domande:
  1. Perché il Signore non gradì l'offerta di Caino?
  2. Perché Caino uccise suo fratello?
Vorrei tentare di dare una risposta che per ragionevolezza potrebbe formare il nucleo di una ricerca più mirata sull'origine dell'umanità.
Se, un tempo, l'uomo ha vissuto, come credevano i greci, un'età dell'oro o nel paradiso terrestre, come credevano e credono tuttora gli ebrei e noi cristiani, evidentemente l'uomo trovava sul posto tutto ciò che serviva per campare gioiosamente.
Ma questo spazio paradisiaco era limitato, tanto da non essere sufficiente per produrre spontaneamente quanto serviva per la prole.
Ecco quindi, colto il frutto dell'albero della sapienza, fu necessario iniziare le due specifiche fondamentali attività che sono la principale prerogativa dell'uomo: l'allevamento del bestiame e la coltivazione del suolo.
Inizialmente le due attività erano complementari, come lo sono tutt'ora, ma, alla lunga, sullo stesso posto la cosa non può funzionare. Il Signore, che la sapeva lunga in materia, dette un forte avviso nel non gradire il dono di Caino.

La questione era tattica e strategica insieme.
Caino sì accese d'ira e fu così che portò Abele a morire in campagna ove le pecore evidentemente avevano distrutto la sua coltivazione.
Dio gradì il dono di Abele perché l'uomo doveva uscire dal paradiso terrestre e popolare il mondo. Abele, peraltro, fu giustiziato per mano del fratello per avergli procurato un danno.
Il seguito del racconto continua appunto coll'enumerare le generazioni da Caino sino a giungere ai progenitori di coloro che abitano sotto le tende (Iabal), che suonano la musica (Iubal) e di quanti lavorano il rame ed il ferro (Tubalkàin).
Il Destino dell'umanità era già scritto, sin da allora.
Da questo brano si può capire che Dio ha un progetto: indica la strada all'uomo e l'uomo agisce per libera scelta seguendo questo Suo progetto che è inconoscibile nella sua interezza, perché fa parte del nostro destino.

Invero, mi sembra che possa aprirsi uno spiraglio in questo fitto mistero, partendo proprio dall'episodio della Genesi, cercando di interpretare la funzione di Tubalkàin, lavoratore del rame e del ferro, nella storia dell'umanità. Tubalkàin ha la stessa funzione di Prometeo con la differenza che al primo, Dio donò l'ingegno per forgiare col fuoco e all'altro non fu donato nulla dagli dei perché rubò il fuoco dalla fucina di Efesto destando le ire di Zeus che lo punì inviandogli Pandora col famoso vaso contenente tutti i mali e le calamità che si sarebbero abbattuti su tutta l'umanità.
Per quanto serve all'argomento che qui tratto, la differenza non assume particolare significato perché sia l'uno che l'altro hanno avuto potere sul male: costruttori di armi hanno messo in moto il progresso attraverso il quale i popoli si sono avvicendati in cicli di pace e guerra mettendo a punto tecnologie sempre più sofisticate per entrambi gli usi: bellici e pacifici.
L'errore è sempre alle porte: errare è umano, persistere nell'errore è diabolico!!! L'errore è il male, ma nel fare, non sappiamo mai se le nostre opere attueranno il bene. Dal non saperlo nasce la giustificazione dietro la quale, nella maggior parte dei casi, si nasconde la vergogna.

02 luglio 2008

Il progetto di vita

Ognuno ha un’idea propria della felicità che è uno stato d’animo.Della felicità si può dire che è più semplice definirne il contrario: si suole dire che il denaro non reca la felicità, ma la felicità non convive con la mancanza di denaro.
La felicità è un fatto personale, è uno stato d’animo che si vive per un tempo indeterminato. Comunque sia, il progetto di vita è sempre rivolto al raggiungimento di un fine che ci conduce allo stato di felicità.
Se lo stato di felicità crea anche uno stato di benessere, non altrettanto lo stato di benessere crea felicità. Il progetto di vita comprende anche tutto ciò che ci porti ad uno stato di benessere.
Tutto quanto precede riguarda la persona singola. La persona singola non vive sola; vive e si integra nella famiglia e nella società. Esser soli come Jean Jaques Rousseau (1712-1778) per godere delle cose del mondo conduce irrimediabilmente alla disperazione.
La felicità è compatibile con la solitudine solo per chi rinuncia a godere delle cose del mondo: come l’eremita, l’asceta e chi si isola temporaneamente per ripensare la propria vita. Non sono queste le persone che mi interessano, ma quelle che tutti i giorni incontro per la strada e che pensano di essere felici nel conciliare i propri sentimenti e quelli degli altri.
Parto da questo concetto per comprendere come si forma e si gestisce il progetto di vita che si articola, in ogni sua fase, in due parti: una non logica sentimentale; l'altra logica razionale.
La prima parte è costituita dall'insieme dei sentimenti e dalle manifestazioni istintive legati all'appagamento dei sensi; la seconda corrisponde alla ricerca di un obiettivo sul quale predisporre le azioni per il compimento del progetto che si sviluppa su un orizzonte temporale la cui ampiezza dipende dall'urgenza che si attribuisce ai bisogni da soddisfare. Tra l'una e l'altra parte del progetto interagiscono le azioni utili al conseguimento del successo.
Sino a questo punto non credo di dire qualcosa di nuovo: vorrei solo soffermarmi su alcune aspetti insiti nel processo di decisione.
Ogni progetto è costituito da più gli elementi quali la volontà, la coscienza, la conoscenza, la capacità e il controllo operanti nelle fasi in cui il progetto stesso si sviluppa:
  1. volontà e determinazione nel predisporre tutte le fasi;
  2. coscienza dell'adeguatezza delle attitudini;
  3. acquisizione di conoscenze e di informazioni;
  4. capacità di procurarsi le risorse e di valutare i rischi;
  5. verifica dell'efficacia di ogni singola decisione e dell'effetto di ognuna di queste sull'intero progetto.
Ho messo per ultima la fase determinante che porta alla sicura realizzazione del progetto e volutamente l'ho mantenuta all'interno del progetto e non all'esterno.  Perché? Perché non esiste una definizione univoca di felicità, cioè una definizione scientifica che ne stabilisca dimensioni e caratteristiche. La felicità non si produce come se si trattasse di produrre il pane. Infatti, la felicità, variabile indefinibile e incommensurabile, non è materia che interessa l'ingegnere che pone a capo del suo progetto la verifica dell'efficacia di ogni singola decisione e dell'effetto di ognuna di queste nella sua interezza in base a dati dimensionati nel tempo e nello spazio; e neppure può essere valutata perché la felicità è l'essenza della vita e costituisce il nocciolo della speranza umana. Insomma: è la persona stessa che ne determina l'efficacia in forma diretta e la valutazione non ne supera la soggettività.
Se la vita fosse trattata esclusivamente a fil di logica come l'ingegnere progetta un ponte, occorrerebbe imporre delle regole di convivenza finalizzate a costruire uno stato di felicità artificiale ed uniforme che si opporrebbe il sentimento di libertà che pervade in ogni singola persona umana.
All'opposto, se la vita fosse trattata a fil di non logica e cioè svincolando ogni singola persona umana da ogni regola civile di convivenza significherebbe costringerla a ridurre l'esistenza alla sola sopravvivenza animalesca.
La prima proposta, a fil di logica, ci riconduce al pensiero di Hobbes e alla forma di stato totalitario governato dal dittatore (il Leviatano); la seconda, a fil di non logica, a quello di Rousseau e alla forma di non governo ovvero all'anarchia.
Non so quale delle due prospettive sia la migliore e non mi soffermo oltre sulle forme di governo proposte da questi due pensatori ma, dalle varie forme di governo che si sono succedute in questi ultimi secoli, ritengo che la soluzione migliore si trovi a metà strada.
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Winston Churchill rilevò che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora ed è appunto questa forma di governo che ben si adatta all'indole sociale della persona umana che alterna i suoi comportamenti svolgendo azioni ora logiche, ora non logiche.
Nella nostro Occidente campiamo godendo o soffrendo, coltiviamo ambizioni, corriamo rischi giocando e creando imprese e proclamiamo idee che riteniamo giuste per la nostra ed altrui felicità: tutte attività che svolgiamo più o meno ordinatamente ritenendo che, nel loro insieme, diano un senso compiuto alla nostra esistenza.
Tutto ciò induce a concludere che non esistono formule per la felicità nè per la persona singola, nè per una comunità piccola o grande che sia e, pertanto, da sempre, è necessario imporci regole comuni per mediare le azioni verso un modello sociale che possa salvaguardare l'istinto di libertà consentendo a tutti una convivenza produttrice di un benessere compatibile con l'idea che ognuno ha della propria felicità che consiste nell'essere liberi di disporre di ciò che si ha, di ciò che si produce e di ciò che si fa.
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Premesso quanto sopra, come è possibile proporre un progetto di vita coerente con quello delle persone, dianzi menzionate all'inizio di questa pagina, che tutti i giorni incontro per la strada e che pensano di essere felici nel mettere ordine tra i propri sentimenti e quelli degli altri?
Tra queste persone mi comprendo anch'io e credo che abbiamo tutti in comune un sentimento di vita che ci porta a:
  • coltivare il progetto di vivere nell’ambiente famiglia;
  • trarre i mezzi di sostentamento con una attività svolta all’esterno al nucleo familiare;
  • somatizzare ancora lo stress di questa nostra società post-feudale che ha ridotto la famiglia ad essere un’azienda di consumo in cui la coesione tra le persone che vi appartengono è formata solo dal riunirsi per un egoistico sfruttamento del tempo libero.
Ecco rappresentata la nostra sorte in un mondo il cui modello corrisponde ad un continuo cambiamento e dove sembra diventare sempre più difficile ed oneroso vivere nel modo tradizionale.
Dico sembra, perché sposarsi e mettere su famiglia è sempre stato complicato, costoso e rischioso ma, come da sempre, famiglia e figli continuano a formarsi come il frutto esclusivo dell'amore.
Le teorie che hanno in qualche modo posto alla base della società qualcosa di diverso della famiglia liberamente costituita dalla coppia uomo-donna, sono miseramente fallite causando il collasso antropologico.
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Quali le conclusioni si debbono trarre da questi miei pensieri?
A mio parere, non si può vivere abbandonati a sé stessi in un'orda di sbandati nella quale niente ha una misura comune. Si vive invece in un mondo dove norme essenziali regolano i rapporti interpersonali: queste norme, tuttavia, non possono travalicare, come detto sopra, il principio di consentire a tutti una convivenza produttrice di un benessere compatibile con l'idea che ognuno ha della propria felicità che consiste appunto nell'essere liberi di disporre di ciò che si ha, di ciò che si produce e di ciò che si fa.
In ognuno di noi esiste il bisogno essenziale di norme: per comunicare, per espletare le attività preferite e per completare la nostra esistenza in una cornice di concordia.
La felicità, nel senso terreno, non può avere altro significato.
Oggi non è più il caso di considerare soddisfacente l'esistenza delle persone in comunità con peculiari connotati sociali come la tribù il feudo, la città nelle quali l'equilibrio si forma attorno a persone che si muovono in uno spazio territoriale limitato.
In passato, la rottura dell'equilibrio avveniva per cause esterne (carestie, cataclismi, guerre) a seguito delle quali i gruppi si ricomponevano secondo la struttura analoga a quella antecedente; oggi, invece, per effetto della globalizzazione politico-sociale che coinvolge il mondo intero, occorre considerare l'esistenza delle singole persone non più ricomposte in singoli gruppi territoriali o classi, ma come unità dell'intero consorzio umano, dando adito ad una nuova forma di coesione sociale legata all'adozione condivisa di principi etici che portino le persone a condurre la propria esistenza secondo un progetto di vita ispirato al reciproco rispetto e alla pacifica convivenza.
La religione può costituire un ottimo stimolo per creare questo nuovo paradigma di società globale che non porta alla multiculturalità e alla tolleranza, ma ad una socialità legata dalla solidarietà nel coltivare interessi comuni condivisi.
I quattro grandi movimenti filosofico-religiosi oggi esistenti, ognuno dei quali è caratterizzato da una propria formula per conciliare i rapporti interpersonali con il progetto di vita di ciascuno, a mio parere, sono perfettamente compatibili per creare un futuro ordine di pace universale.
Non si tratta di conoscere quale sia la verità trascendentale che ci lega a questo mondo, ma di essere coscienti che le quattro dottrine propugnate affermano tutte una verità universalmente vera e che non si contraddicono tra loro. In pillole, queste sono le rispettive filosofie di vita.
  • Dottrine giudaico cristiane – Fai agli altri ciò che vorresti che fosse fatto a te (filosofia della libertà)
  • Islam - Il progetto segue il percorso di vita che è scritto per ognuno (filosofia della necessità)
  • Taoismo – Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te (filosofia del non fare)
  • Buddismo – La vita è dolore (filosofia della cessazione del desiderio che provoca il dolore)
Ciò significa che l'essere umano è libero di formare un progetto che ha origine dalla libertà di esistere secondo un ordine guida indipendentemente dal modo come ne venga progettato il percorso. Questo ordine è implicito ed equivalente in tutte le religioni e non c'è ragione di cercarne uno diverso tra le quattro proposte etiche che ho menzionato.
Le divergenze nascono a valle di questo ordine fondamentale, laddove il modo di vita creato dalle risorse accessibili, impone regole specifiche che si compongono in un corpo legislativo dal quale nascono le regole comportamentali volte a realizzare l'equilibrio sociale.
Il diritto naturale è un diritto non scritto, ma connaturato in ogni essere umano dalla nascita. Si nasce liberi di avere per sé tutto ciò che serve per crescere. Questa libertà ha dei vincoli che sono insiti nelle risorse che non sono illimitate, specie quando la complessità esistenziale cresce per effetto di un'estensione diffusa di benessere.
Allora, le scarne regole comportamentali imposte dal diritto naturale sono corrotte dall'imposizione di diritti e doveri che limitano la libertà individuale riconducendola a derivare da ideologie propugnanti classi esclusive che portano a condurre un'esistenza contrastante con gli anzidetti principi di vita fondati sul reciproco rispetto e sulla pacifica convivenza.
Per questa ragione, le leggi tendono a non comprendere un diritto originario valido universalmente che pure esiste! Le Costituzioni nazionali fanno discendere il diritto dalla sovranità che, indipendentemente dal fatto che nasca dal re o dal popolo, obnubila l'ordine originario al quale più sopra accennavo e cioè al diritto" pre scritto" che presiede alla conservazione della nostra specie e quello per la conservazione della nostra dignità umana come singoli esseri coscienti e pensanti.
E' quindi necessario ideare  un modus vivendi, fondato su solidi principi etici condivisi, che pervada tutte le forme organizzative e sociali e che consenta al consorzio umano di cogliere, per ognuno dei partecipanti, le migliori opportunità per coltivare un proprio progetto di vita compatibile con il benessere di tutti e con la felicità che ognuno è capace di trarne.
Insomma, il progetto di vita si svolge nel contesto di un'etica adeguata all'ambiente nel quale i singoli trascorrono l'esistenza interagendo con i fatti esterni accidentali che, in parte, originano dal gruppo sociale di appartenenza e, in parte, sorgono dagli eventi naturali non collegati alla volontà umana.

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Il tema trattato è presente anche nella sezione "L'Attimo fatale" nel sito:
http://www.pibond.it/argomenti/l_attimo_fatale/il_progetto_di_vita.htm

14 giugno 2008

Il Popolo d'Irlanda, ha restituito la libertà ai Popoli Europei

Europa ai tempi di Carlo Magno
Hanno chiamato Costituzione il trattato multilaterale stipulato a Roma e modificato a Nizza e a Lisbona tra i 27 Paesi Europei , rappresentati dai rispettivi Capi di Stato o di Governo.
Laddove è stato sottoposto a referendum, è stato bocciato!
L'Unione Europea continua a non avere una costituzione. Gli Stati l'hanno firmata, ma i Popoli sovrani la bocciano.
Barroso dice: "Andiamo avanti lo stesso" .
No, non è possibile: questo trattato è nullo, perché una Costituzione deve avere un consenso popolare democraticamente ottenuto.
Sarebbe un insulto ai popoli d'Europa accettare una proposta del genere per tre motivi: 
  1. Il trattato prevede che questo debba essere approvato all'unanimità da tutti i Parlamenti degli Stati aderenti;
  2. Il trattato non può essere valido per gli argomenti che esulano dalla competenza dei parlamenti che non lo possono approvare (Irlanda, in particolare);
  3. Escludere l’Irlanda dall’Unione, comporterebbe una procedura, che porterebbe altri paesi a ritirarsi per creare trattati multilaterali dannosi per tutti. 
  4. Il trattato di Lisbona non è stato sufficiente ed ulteriori smagrimenti lo renderebbero del tutto inutile.
Manterrebbe lo statu quo di una Commissione pletorica che guida un apparato burocratico che più nessuno vuole. Questa Unione Europea è stata accettata dai paesi in virtù dei contributi che sono stati elargiti in misura da favorire lo sviluppo economico nelle regioni più bisognose.
L'Irlanda è stata privilegiata e proprie lei - divenuta ricca - ora si ritira. 
°°° 
A questo punto c’è da chiedersi che cosa sia auspicabile.
Io penso che gli Irlandesi abbiano voluto dare una solenne lezione di buon senso agli Europeisti più sviscerati, in particolare quelli che pascolano tra Bruxelles e Strasburgo.
L’Europa, nella prospettiva del Trattato di Roma, deve costituirsi come federazione di Stati, nelle Nazioni e non come Stati-Nazione. Non è proponibile al popolo un trattato per un unione di Stati.
Infatti, Unione Europea è tuttora una Comunità di Nazioni che seguono una politica economica unitaria, assente del tutto dal contesto della geopolitica. In sessanta anni si è allargata da sei a ventisette Stati-Nazione, ma solo di questo si può occupare.
Punto.
Andare oltre significa barattare la sovranità dello stato con la sovranità di popolo nella Nazione tramite lo Stato di appartenenza. Un popolo si può affiancare ad un’altra bandiera ma non la può sentire integrata in un‘altra adottando lingua e cultura di un'altra Nazione.
°°° 
Non occorre che nasca un Popolo europeo da 27 stati, con la previsione di allargarsi ulteriormente.
A mio parere, l'unione politica sarà ottenuta solo dopo la Proclamazione delle libertà dei Popoli d'Europa nel cui inizio sarà scritto:
Noi Popoli d’Europa, ognuno nella proprio Stato di appartenenza, proclamiamo le nostre libertà in forma comunitaria, per consolidarle e unirle come italiani a quelle di tutte le Nazioni del Mondo”
I partiti politici che confluiscono nel parlamento Europeo potrebbero farsi promotore dell’iniziativa di un plebiscito, in occasione delle prossime elezioni per il parlamento d’Europa.
La Federazione potrà essere formata successivamente secondo le modalità che saranno stabilite dopo il plebliscito.
Cosa ne pensate?
Potete dire che sono matto, ma prima di affermarlo, ditemi perché.
La democrazia parte dal basso ed io, stando nel basso, cerco di rendermi utile, esprimendo questa modesta idea, sicuro di aver ben poco da aggiungere a quanto propongo.

Qualcuno prepari una bozza del proclama. Qualcun altro che sta all’estero lo dica ai suoi amici invitandoli a darsi da fare.

Come giustamente dice Fausto Carioti, gli elettori europei - quelli che hanno la fortuna di potersi esprimere - rigettano quello che le élite europee propinano come il migliore dei mondi possibili, ma - personalmente - sono sicuro, che gli stessi elettori, nel cuor loro, desiderano ardentemente di appartenere, oltre alla propria Nazione, anche a quella più grande dell'’Europa: quella del Mondo organizzato nell'ONU riformata.
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Revisione del 15 novembre 2018

09 giugno 2008

Viviamo nel panico?

Lio Site
In un thread su “Il legno storto”, il mio amico Sirro, a proposito di “Idee per la gestione del cambiamento”(*) commentava:
“ Ieri un esempio tipico "Il popolo deve restare imperniato attorno a ricordi che al potere conviene". Al potere fa comodo sbattere in faccia che "O noi, oppure loro appesi capovolti a Piazzale Loreto". Accidenti quanto appaiono simpatici i nuovi predatori, vero?”
Ai ricordi del passato ne aggiungiamo altri che ricaviamo dalle notizie che la televisione e i giornali diffondono; ricordi che si ingigantiscono nella nostra immaginazione, sollevando nel nostro animo di cittadini, stupore e profondo disagio che spesso provoca un preoccupante senso di panico.

07 aprile 2008

GEMINORUM PARADOXON (L'uomo e il pollo)

In attesa di completare un post dedicato all'amico Kara per quanto detto in Tempo e matematica in salsa di cucina” , desidero farlo partecipe di una simpatica conoscenza che ho fatto nel pubblicare sul mio sito alla pagina "L'uomo e il pollo" una poesia di Aldo Manzoli intitolata "La classificazione di Linneo" tratta dalla sua raccolta "Il mondo perfetto".
A distanza di quasi quattro anni dell'evento, Aldo Manzoli manda al Caro Signor Pollo un messaggio per ringraziarlo per l'iniziativa di essersi servito di una sua poesia per rappresentare "un uomo solo (che) scrive/ per reinventare e riordinare il mondo".
Il Signor Pollo risponde scrivendo, tra l'altro, che Pibond manifesta un particolare interesse nei riguardi della poesia Entropia che vorrebbe inserire in un post del suo blog , a meno che non voglia proporre un’altra poesia, a suo giudizio più pertinente di quella che segnalava.
Oggi, sempre il Signor Pollo, riceve questi due messaggi che ricopio integralmente.
From: aldo voce To: francesco Sent: Monday, April ..... Subject: Fw: L'uomo e il pollo
Frank, Questo signore ha un sito in cui ha pubblicato una mia poesia. Ora cerca una poesia sul tempo. Ho pensato a geminorum paradoxon. Gliela vuoi mandare? O la mandi a me che gliela giro? Secondo me ci starebbe bene.
Un salutone.
Alberto
From: francesco
To: Alberto
Eccola qui.
Grazie per l'opportunità.
A presto.
Francesco T
o: P...
Gentile signor P. , ecco la poesia che le dicevo. A parte il suo indubbio valore estetico, è interessante anche per la bonaria provocazione intellettuale che contiene. Spero vivamente le possa essere utile. Cordialmente Alberto Manzoli

°°°

GEMINORUM PARADOXON
Ad Einstein
Il tempo
è una griglia,
uno spazio curvo che s'alza,
s'avvalla, s'infossa.
Il tempo
è una biglia che danza al suo passo
in attesa del salto sull'orlo del fosso.

Il tempo
è una curva che accresce la voglia
di stare a giocare con l'arco del cielo,
salpare, partire e poi ritornare a guardare
un gemello già vecchio,
un amico sepolto, un amore svanito,
un urlo inghiottito dal fosso del tempo
e giammai sopito.

Il tempo
è un iperbole per chi resta a guardare,
per chi osserva da terra lo spazio profondo.

Il tempo
sono io ed i miei giorni svaniti
tra neri lapilli e bianchi graniti,
che ridono poi piango e non conto le ore,
mi basta un sorriso, un buon vino, l'amore
per lasciare quel RELATIVO cupo pensiero:
se il tempo è importante, se esiste davvero.
Francesco Carrozzo
°°°
... lasciare quel relativo cupo pensiero!
Alberto Manzoli ha preferito la poesia di Francesco alla sua che è questa:
°°°
Entropia

Non la bellezza fine dei poeti,
preziosa al gioco di ceselli o smalti,
illumina la grazia passeggera
del tuo visetto, mite e quotidiano,
con quelle prime rughe attorno agli occhi,
e la sua luce, ora un po' più fioca.
Ma bella sei per me che ti conosco
come un intatto frutto di stagione,
come la prima volta che ti cinsi
a offendere il tuo sesso innamorato,
di una bellezza che non piega o scuce
il nostro dissiparci di ogni giorno,
incanto umile d'acqua sorgiva
che non s'intorba né muta sapore
quando d'estate la lena vien meno.
E fermo è il patto, il pegno, il giuramento:
per questa, e per milioni d'altre chine,
compagno ti sarò nella discesa.
Alberto Manzoli
°°°
A questo materiale unisco anche quanto ha scritto Kara, perchè almeno abbia un po' di materiale recente sul tempo per continuare a ragionarci sopra.
°°°

"Il tempo è sempre stato un ottimo alleato, finora. Rimanendo sempre ottimisti,
avendo la giusta pazienza nell'attesa ogni cosa si è sempre risolta per il
meglio e, spesso, al momento opportuno.

Questo però, me ne accorgo solo ora, è solo una faccia della medaglia: il lato oscuro è che con il tempo ogni cosa viene stemperata, si dilavano le emozioni, restano gli scheletri delle c onsuetudini.

Farsi trasportare dalla inesorabile corrente porta dunque verso il grigiore, inteso come neutralità, scarico di aspetti positivi e negativi per l'effetto delle due facce del tempo.
Cavalcare il flusso, viverlo sempre al limite, come non ci fosse un altro istante, quella sarebbe la strada; ma in questo modo ci si consumerebbe come una candela sempre accesa, bruciando le energie troppo in fretta, dopo di che si cadrebbe in completa balia del tempo, senza la minima forza di resistervi."

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Infine, ricopio quanto ebbi a scrivere nella pagina intitolata "L'ancora della memoria" che si trova nella sezione fatti di oggi, idee di ieri del sito http://www.pibond.it/ .
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Ognuno ha una sua personale visione del tempo.
Si è soliti pensare che la felicità duri un attimo ed il dolore un'eternità.E' vero: ma solo quando il tempo così percepito sia inteso come un valore soggettivo.
Obiettivamente questo tempo non esiste perché mancano riferimenti sui quali fondare qualsiasi valutazione.
L'emozione non ha una dimensione temporale perché è costituita da una miscela confusa di sentimenti in ebollizione, in cui nello stesso istante, deflagrano con tanta intensità sensazioni contrastanti.
Al limite, si arriva a ridere e piangere provando insieme felicità e dolore.Supponiamo che s'individui, nella propria esistenza, un attimo di felicità: ecco che dalla memoria riaffiorano i ricordi che ci permettono di mettere qualche paletto.
Chi mi legge faccia l'esperimento di tuffarsi nel proprio passato. Affiora un ricordo; lentamente le dimensioni si realizzano; gli avvenimenti sono rivissuti al punto che, nel loro succedersi, formano una serie temporale sulla quale il presente e l'immediato futuro si trasformano in riferimenti logici: questa è la memoria di lungo momento nella quale si raccoglie l'insieme dei momenti-attimi di vita che dà una dimensione all'emozione del presente.

°°°
Ho formato una piccola antologia sul tema del tempo, dalla quale sembra trasparire una costante. Quando si esce dalla realtà del succedersi dei fatti quali ogni singola persona li vede o li riferisce, il tempo scivola nell'illusione dove lo scandire dei secondi svanisce nella caotica indeterminatezza onirica. Concludo con quanto ha sostenuto Sant Agostino, al riguardo.


Non ci sono tre tempi,
il passato, il presente e il futuro
ma soltanto tre presenti:
il presente del passato,
il presente del presente
e
il presente del futuro
°°°
Cosa desidero dire, con questo post?
Ho scoperto che Aristotele usava il termine di Epicherema per indicare l'artificio consistente nel nascondere o esporre imperfettamente alcune premesse della propria argomentazione.
Una cosa dovrebbe apparire chiara, subito.
Kara ha una concezione del tempo dell'uomo maturo; io, Pietro, dell'uomo anziano. L'uno vive nel presente e i ricordi si fondono in esso; l'altro vive anche nel presente, ma cerca l'ancora con la quale appigliarsi con la memoria.
Per sé stessi ha ragione Kara; per la propria storia che si fonde in quella degli altri, credo, io, di avere ragione.

26 marzo 2008

Verità e credibilità

I politici formulano i loro Progetti commissionando sondaggi. Ma la gente pensa davvero come dicono i sondaggi?

La potenzialità delle tecnologie moderne oggi possono diventare il mezzo con cui le persone, scambiandosi opportunità per ottenere vantaggi comuni, creano aree di sviluppo e di consolidamento nell’ambito di progetti esistenziali percorribili in un clima sociale consapevole.
A tal fine i progetti devono fondarsi sui modelli esistenti: analizzarli, stabilirne i punti di debolezza e portarli a termine con programmi di emancipazione civica in cui sono individuate aree di sviluppo e aree di consolidamento per raggiungere finalità compatibili con lo sfruttamento delle risorse disponibili. Questo modello, oggi, è quello al quale si conformano socialisti e liberali ognuno dei quali dovrebbe alternarsi nella conduzione politica muovendo le loro azioni ora stimolando Residui di I Classe ricadenti nella istinto delle combinazioni e ora quelli di II Classe ricadenti nella persistenza degli aggregati. Ma qual è il modello migliore?

18 marzo 2008

Turn off/on Pechino 2008

Domenica scorsa Manuel sul suo blog, col titolo, “Turn off Pechino” sostiene che la questione delle Olimpiadi 2008, come ogni cosa, presenta due punti di vista: quello del business e quello morale.
Mette a confronto il costo astronomico che comporterebbe la non partecipazione alle gare sportive di tante squadre nazionali in un contesto organizzativo la cui grandiosità si preannuncia al massimo storico, a fronte degli atti atroci che la Cina mette in atto contro i monaci buddisti e contro la popolazione del Tibet; così mostrando al mondo di considerare i diritti umani come se fossero carta straccia.
Manuel sostiene che la difesa della vita e della libertà supera l’onere di qualsiasi forma di sacrificio di natura economica o materiale e, pertanto conclude di aderire al movimento “Turn off Pechino 2008".
Qui si può leggere l’articolo ed i relativi commenti, tra i quali anche il mio che qui riporto integralmente.
°°°

Penso che non sia opportuno boicottare le olimpiadi. I monaci non chiedono una risposta violenta.
Occorre peraltro che non si ripeta quanto successe alle olimpiadi di Berlino nel 1936 durante la quale troppo spazio ebbe la Germania, organizzatrice dei giochi, per propagandare la superiorità della razza tedesca.
Oggi non è più questione di razza, ma questione di diritti umani. La Cina li calpesta in nome di un’ideologia che conduce a considerare il collettivismo come scopo ultimo dell’esistenza umana ed usa la persona come oggetto da sfruttare e non come soggetto libero di avere le proprie convinzioni, specie quelle religiose.
L’Occidente deve essere unito per portare la Cina a riconsiderare il proprio dominio non più nell’ottica di conquista etnica e territoriale, ma di integrazione nel pieno rispetto dei diritti umani. La chiave sta nel WTO.
A mio parere, l’Occidente, nel suo insieme, ha la forza necessaria per condurre la Cina a più miti consigli; il WTO – sottoscritto anche dalla Cina - esiste appunto per superare gli accordi bilaterali che l’hanno portata ad occupare una preoccupante posizione dominante globale.
Ebbene, i paesi che vi aderiscono, smettano di cercare di riconquistare le proprie posizioni in questo o quel ramo di commercio ed inizino a rompere i propri accordi, iniziando dal petrolio.
So di scivolare su un tema più grosso di quello qui proposto, ma occorre considerare che in tema dei diritti umani, la questione religiosa e quella delle etnie, non riguardano solo il Tibet e la Cina. Più vicino a noi ci sono la Serbia ed il Kossovo, ad esempio!
La sofferenza umana va alleviata ovunque nel mondo! Perseguitare le persone per le idee che hanno o per il loro essere non serve più a nessuno.
Le risorse governate dalle tecnologie a disposizione dell’umanità sono sufficienti per vivere tutti quanti in felice concordia.

°°°
Rileggendo questo commento, che, come tanti, vengono scritti di getto trascurando la necessità di chiarire qualche passaggio logico, osservo che non è sufficientemente giustificata l’importanza de WTO, nel contesto dell’argomento che ho trattato.
Ritengo di farlo in una prossima occasione in questo mio blog o nel sito, dove ho già accennato all’argomento nel suo contesto storico (Tsunami), ma non economico.
Comunque, personalmente, sono molto partecipe alla protesta e spero che in tutte le squadre, per l’intera durata dell’accensione della fiaccola, viva quel sentimento di unità e concordia sportiva che si è manifestata sempre anche nei periodi più bui dello scorso secolo. Nell’antica Grecia le guerre cessavano durante il periodo olimpico! Speriamo che la Cina condivida questo spirito e, per qualche mese, riconsideri con più serenità il suo progetto politico.
Questo è il mio appello e la mia preghiera!

16 marzo 2008

Promesse, programmi e contratti: quale la credibilità?

Sul blog Meno stato + mercato + libertà ho recentemente letto lo scritto di Eugenio La Mesa il quale pone in evidenza che Unto del Signore (UdS) non può candidarsi alle elezioni del 2008 perché, come risulta dai copiosi dati Istat che riporta nel suo sito, non ha rispettato il contratto degli italiani sottoscritto nel 2001 davanti a milioni di telespettatori a Porta a Porta.


Sento il dovere di rendere testimonianza del suo utilissimo lavoro di raccolta dei dati socio economici a livello globale (il file Excel dei fatti italiani ed europei degli ultimi 10 anni, con 42 fogli contenente tutti i numeri delle 234 tabelle e grafici, aggiornato ogni volta che ci sono nuovi dati), per rilevare che meriterebbero, sotto il profilo politico, quell’esame approfondito che pochi sono disposti a compiere prima di discutere intorno ad argomenti socio-economici.


Dal 6, data di apparizione dello scritto, al 20 marzo, data in cui figura l’ultimo commento si sono succeduti venti commenti tra i quali cinque miei.
Prima di trascrivere quattro dei cinque commenti, desidero mettere in evidenza che per valutare l’idoneità di un candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (di Premier se ne parlerà quando sarà modificata la Costituzione) le tabelle statistiche non servono, perché nessun politico che abbia già ricoperto questa carica potrebbe ricandidarsi alle condizioni proposte da La Mesa.


Infatti, seguendo il suo ragionamento, nessuno può essere in grado di indovinare un dato numerico che storicamente subisce influssi indipendenti dalla volontà di chi ne ha solo il controllo parziale e condizionato da fattori esterni non prevedibili per la loro rarità di manifestazione, oppure per effetto fattori di influenza più potenti di quelli già quasi nulli del Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana. A questo politico, infatti, non si può rinfacciare una responsabilità di nessun dato macroeconomico: lo si può solo valutare per gli effetti delle sue decisioni quali realmente manifestano durante l'esercizio della sua carica.


Quindi, la valutazione può essere esercitata solo sulla base delle opportunità avute confrontando i vincoli operativi con l'efficacia delle decisioni operative in termini di nuove opportunità. (Solo a titolo di esempio: non so se sia stata una buona idea, da parte del ministro degli esteri in carica, di andare in Palestina e mostrarsi a braccetto col capo di Hamas! Erano d'accordo gli altri colleghi Ministri? OK! Forse vale la regola che chi tace acconsente!).


Nonostante questa osservazione, nel post in esame, i commenti hanno prevalentemente riguardato la più o meno veridicità delle affermazioni dei politici e nulla è stato detto, invece, sulla personalità dei concorrenti.
Questo è grave perché la cultura politica nel nostro paese continua a riferirsi a risultati collegati a ragionamenti ideologici e non alla dinamica dei fatti governati dalla capacità delle persone.


Basta fare il confronto tra il modo di fare elezioni negli Stati Uniti e nel nostro.
In USA, le primarie sono agoni tra gruppi di persone durante le convention per scegliere una candidatura; in Italia i candidati sorgono per un effetto domino di cooptazioni clientelari come nel caso del PD, o per dominio carismatico come quellio di UdS nel PdL.


La verità è che non riusciamo a crearci un orizzonte politico oltre le immediate emergenze e la situazione è giunta a tal punto che nel territorio non esiste più controllo politico.
I casi Di Pietro e Mastella lo dimostrano!
Per le prossime elezioni del 13 aprile, c’è poco da scegliere.


Personalmente sceglierò di votare seguendo questo ragionamento che appunto ho esposto nei miei commenti e che qui ribadisco:



1. Anziché dibattere sulle percentuali di successo conseguite da un governo sulle proposte contenute nel programma con il quale si è presentato alle elezioni - sulle quali ritengo che un dibattito non abbia alcuna utilità - mi parrebbe più utile vagliare la credibilità del personaggio aspirante alla carica, in relazione:


1 alla sua formazione,


2 al suo orientamento culturale e


3 ai progetti cui ha dato corso nel suo percorso di vita.


Se, ad esempio, si mettono a confronto Prodi e Berlusconi, e date un voto da 1 a 10 ad ognuna delle categorie di cui sopra, non avreste bisogno di perder tempo a commentare l’articolo di Ricolfi sulla Stampa.

Fate questa valutazione per ognuno degli altri candidati premier, e tra qualche giorno per ognuno dei candidati alla Camera, al Senato, alle province, alle regioni ed ai comuni … e avrete le idee chiare. Preliminarmente date O (zero) a chi della politica ne ha fatto un mestiere come funzionario di partito.

2. In politica la verità non va mai cercata, come anche, la ricerca della verità non è compito della magistratura. La politica tratta solo cose credibili in relazione agli obiettivi che si vuol raggiungere; come anche la magistratura deve rendersi credibile nel condurre in porto la giustizia.

Il male dell’Italia è tutto qui.
Basta cercare la verità! Lasciamo ai religiosi cercarla; dico ai religiosi nei
quali includo anche laicisti ed atei!
Propongo O (zero) ai funzionari di partito perché sono proprio quelli che per primi sventolano la loro bandiera di verità e per primi vedono sprofondare la loro credibilità nell’abisso delle persone da svergognare.


Se liberalismo non tratta di cose credibili, non so quale altra definizione dare al liberalismo.
Riconosco tuttavia che i funzionari di partito vanno distinti in due categorie: quelli che sbandierano una verità e pretendono di essere leader e quelli che lavorano per rendere redibile il loro leader (solo che quest’ultimo tratti di cose credibili).


Con queste poche regole sono sicuro che possiamo salvare l’Italia dal marasma nel quale è caduta. Diamoci da fare e buttiamo al macero il ciarpame residuale delle antiche ideologie.

3. Credo che ci sia una grande differenza tra la democrazia istituita negli Stati Uniti e quella nostra, italiana.

La cosa è di tutta evidenza e non credo occorra parlarne ancora.


La pecca di Berlusconi è che, numeri alla mano, non ha detto la verità (che come
detto sopra non va richiesta ad un politico).

Poi ha instaurato un regime di
duopolio spezzando il monopolio RAI.
Con le nostre derelitte istituzioni non potevamo sperare di più.
Bene, a mio parere, occorre semplicemente fare questo ragionamento. Partendo da destra e sinistra o da sinistra a destra osservare cosa hanno fatto i candidati leader di oggi nell'ultima legislatura così ingloriosamente terminata.


Io dico solo: tutti a casa tranne: ditelo voi, accetterò la vostra conclusione se mi convincerete.

4. Sono l'uomo della strada che sperava che durante il governo di UdS s'avverassero i molti desideri reiteratamente espressi da lui medesimo e da me attesi, ma sempre repressi dai suoi stessi alleati.
Non posso che ripetere che nelle cose politiche dobbiamo smettere di cercare verità incollate a schemi ideologicamente precostituiti.

Cerchiamo, invece, solo la fattibilità di proposte politiche presentate da persone credibili.
Con quanto dico, mi sembra anche di essere molto coerente con il testo della testata di questo blog: meno stato non vuol dire niente stato; più mercato non vuol dire solo mercato; più libertà non vuol dire solo libertà. Vorrei anche aggiungere più liberalità non vuol dire meno socialità.


Guai se dalle prossime elezioni il PD non dovesse comporsi come partito costituente un opposizione compatta in grado di dialogare con la maggioranza nell’avvio del radicale rinnovamento che da troppi anni attendiamo!


Attenzione!

Parlo di rinnovamento e non di riforme; di rinnovamento e non di rifondazione; di rinnovamento nel senso di portare lo stato a servizio dei cittadini e i cittadini a servirsene solo al soddisfacimento dei bisogni della collettività secondo sani principi di sussidiarietà.



13 marzo 2008

L’uomo col cane seduto sulla panchina nel parco

Pensiero unico
Da qualche tempo sento la necessità di focalizzare il mio pensiero su caso, causa e interdipendenza.
Il tempo dovrebbe essere l'elemento determinante per definire il concetto di relazione e contemporaneità. Credo che tanti, prima di me, abbiano trattato specificatamente il tema in un sistema deterministico ma, credo, pochi, in senso generale, l'abbiano inteso come insito nella storia che passa sulle nostre teste senza che nulla possa farsi modificarla o arrestarla.
Al riguardo riferisco un evento banale della mia esistenza per puntualizzarne il contorno.
°°°
Mi siedo sulla panchina nel parco con Oliver, guardo l'orologio, e decido di alzarmi dopo un'ora. Il tempo sarà scandito dal flusso degli eventi che intercorrono tra l'attimo in cui leggo l'orologio e l'attimo in cui la lancetta dei minuti compirà il giro completo. Sta di fatto che, prima che trascorra l'ora, un'improvvisa folata di vento preannuncia l'arrivo di un temporale. Debbo affrettatamente lasciare il campo per tornare a casa.
°°°
Pongo il problema che sconvolge il mio programma e che  provoca la contemporanea contrarietà di Oliver e chiedo se l'anomalia sta nell'uso del mio orologio, oppure nel flusso degli eventi vissuti da ogni entità presente sul campo, con o senza nozioni di tempo. Si tratta della persona seduta sulla panchina del parco attorno alla quale si aggira il cane, della folata di vento, della percezione del temporale imminente, del libro prima aperto e poi chiuso, di Oliver e di me stesso oltre a tutte le altre entità che non hanno avuto parte attiva, di altre che hanno avuto parte sulla scena ma che non hanno relazionato con la circostanza che tento di rappresentare?
Lo scenario potrebbe enunciarsi nel modo seguente. 
Attorno alla persona seduta sulla panchina nel parco, dove si aggirano il cane, io e la coppia costituita da me stesso con l'amato Oliver, quanti mutamenti intercorrono nel lasso di tempo da quando mi sono seduto sino al momento in cui mi sono alzato dalla panchina?
Sembrerebbe che in ogni istante del vissuto si realizzi un continuo sdoppiamento di situazioni con una produzione di identità diverse che relazionano tra loro per qualche istante, o affatto. Questo ragionamento è necessario fare perché sia possibile ricostruire le poche relazioni di causa ed effetto che mi coinvolgono direttamente e le molte relazioni che si manifestano come interdipendenze tra vento, temporale, Oliver cane, il libro, la panchina sulla quale mi sono seduto e dalla quale mi sono alzato, nonché tutte le altre relazioni, a me sfuggite e inconoscibili, che avrebbero potuto coinvolgermi ma che, pur avendomi sfiorato, non sono riuscito a percepire.
°°°
A mio parere, una teoria fondata su basi sperimentali come anche qualsiasi teoria prodotta dalla matematica e confermata dalla sperimentazione, non è in grado di spiegare logicamente l'evento così come l'ho più sopra descritto. Io, come Oliver, viviamo nel tempo e rappresentiamo una continuità, mentre l'uomo della panchina col suo cane, rappresenta una discontinuità, che, per un combinato disposto di azioni volontarie che si interconnettono con i fenomeni che si generano, creano un'ambientazione dove si manifestano, nello stesso istante, fatti anomali che danno una scossa al sistema rompendone l'equilibrio (uomo che legge seduto sulla panchina con cane che gira intorno) con una serie di relazioni interconnesse di causa ed effetto.
°°°
Potrebbe essere prodotta qualche spiegazione, se ammettessimo l'esistenza di uno sfondo sul quale scorre la globalità degli eventi che si producono nella storia. Lo sfondo potrebbe essere il caos nel quale, momento per momento, riusciamo a percepire ciò che appare dai fenomeni che vi si manifestano. Caso, causa ed interdipendenza tra i fenomeni si svolgerebbero in un certo ambiente, e da questo verrebbero tratti e scoperti. Questo ambiente, o zona senza contorni  spaziali e temporali, rappresenta un artificio sul quale condurre ragionamenti: "quel non so, ma, per ora non mi serve saperlo" per illuminare ciò che so e serve per ispirare le decisioni che stanno a base delle mie azioni. Per rendere l’idea: quando guido l'automobile non mi serve sapere come funziona il motore, ma prestare attenzione alla segnaletica per non incorrere in una infrazione al codice stradale!
°°°
L’artificio del caos, (ma non è il caos), non rende l’evoluzione antitetica alla creazione rendendo vana la ricerca del progenitore comune tra la scimmia e l'uomo tra qualche reperto casualmente ritrovato tra milioni di esemplari di cui mai si ritroverà traccia.
Inoltre penso che l'introduzione del concetto di caos semplificherebbe molti problemi per la matematica (?) perché la ricerca potrebbe comunque continuare a svolgersi nel paradigma fenomenico di caso, causa ed interdipendenza strettamente sulla base di quanto osserviamo deducendo, in vista di ciò che ricerchiamo col metodo deduttivo. 
°°°
A questo punto mi si potrebbe chiedere che cosa voglio rappresentare ricorrendo ad un artificio per spiegare un'azione banale che nasce da un fatto casuale?
Qui rispondo con poche parole. Vorrei suggerire un canone utile per il ricercatore. La conoscenza va sempre circoscritta al fenomeno osservato dal punto in cui si svolge l’osservazione. Se l’osservazione dà un risultato scientifico questo, ripetuto in circostanze diverse può dare risultati diversi da quelli della teoria già formulata. Solo altre sperimentazioni in ambiente modificato potranno confermare l’esattezza della teoria.
Una teoria economica deve valere sia per il ricco che per il povero, e crearle separate significa disporre di due economie creanti due classi sociali in perenne conflitto. Così vale anche per il banchiere o per l'imprenditore, per l'agricoltore e per chi vive di rendita e anche per il lavoratore dipendente. Ognuno con la sua brava pensata, salvo il fatto di doverla cambiare come me, col mio amato Oliver che abbiamo dovuto abbandonare la panchina nel parco perché sopravviene un temporale.
Clonare un animale è possibile; clonare un uomo vorrebbe significare di riprodurne le fattezze, clonarne la personalità potrebbe esserlo anche,  ma a ché pro? Operare in tal senso si ha nozione degli effetti dei soli fenomeni di cui si ha il controllo ma gli altri. Operare in tale senso non ripropone forse il problema dell'esistenza dell'anima? Si può ignorare lo spirito quando la maggior parte elle nostre azioni sono fondate su dati casuali e su teorie non verificate?
Riprodurre il big-bang … ?
Signori ricercatori, fisici del grande e del piccolo, signori dell'ingegneria sociale ed economica, genetisti, fate pure il vostro mestiere, ma ricordate che il vostro campo di ricerca è la natura nella quale vive l'uomo. Non andate oltre!
Lasciate alle scienze umane e alla filosofia operare la sintesi delle vostre teorie! La creazione e l’evoluzione non vi riguarda: ricordate che siete tutti come chi passeggia col proprio cane. Comunque la fantasia deve vivere anche in voi. Usatela bene. Male, è pericoloso.

11 marzo 2008

Tempo e matematica in salsa di cucina

Intitolare un post “Tempo e matematica in salsa di cucina” vuol dire, come minimo, voler passare per un filosofo neo-pitagorico con contorni epicurei!
Niente di tutto questo: si tratta del mio amico Karagounis78, (Kara per gli amici) che ha combinato un pasticcio che mi pone in grave imbarazzo, ma che mi costringe di mettere un titolo assai equivoco a questo post!
Il pasticcio nasce così:


1. Lunedì 3 marzo 2008 Kara posta un testo che ha per titolo “Project” sul quale figura solo un mio commento;


2. Il 6 marzo 2008 Kara posta un testo che ha per titolo “Matematica” sul quale figurano sei commenti tre suoi e tre miei;


3. Il 9 marzo 2008 Kara posta un testo che ha per titolo “Tempo” sul quale invio un commento il giorno stesso.


Il guaio è che nel post del 6 marzo figurano anche le sue risposte ai miei commenti dei post del 3 e del 9 marzo. Il tutto per argomenti che apparentemente non hanno attinenza l’uno con l’altro. Il primo "Project" riguarda la progettazione e la realizzazione della sua cucina nella casa che ha recentemente acquistato; il secondo, una manifestazione, tra le tante che si fanno oggi, per la diffusione popolare della "Matematica" con tanto di corteo al quale, pare che non abbiano partecipato milioni di persone, il terzo "Tempo" sul fatto che il mio amico Kara ha scoperto solo in data 9 marzo 2008, all'età ...(lo dica lui) ... il "lato oscuro del tempo".

Credo che sia abbastanza chiaro che Pibond nella veste di Donchì, e Kara nella veste del figlio del vento non possono definirsi neopitagorici in tinta epicurea solo per questo.

Ed ora cerco di rimettere un po’ d’ordine nel pasticcio, non prima di chiedere al mio simpatico amico etereo e ventoso, che prima agisce e poi pensa - per sua espressa professione - di soffiare in poppa a Donchì per farlo tornare da dove non so dove è andato da oltre due anni.
°°°
Progetto cucina.
Dal post del 3 marzo si capisce che, in corso d’opera, si è prodotta un’opportunità non prevista dal capitolato di spesa e quindi non coperta dal piano finanziario.
Visto che questo interessante problema stava scritto in ambiente aperto al pubblico e offerto a chiunque volesse esprimere un’opinione al riguardo, mi sono sentito in dovere di rispondere perchè risultava chiaramente che la desiderava. Infatti aveva scritto: “Per questo qualche spesa extra, in un'ottica futura, ci sta anche. Tuttavia vorrei cercare di non farmi trascinare da questa perversa spirale (sforare il budjet di 200 euro). La partita è appena iniziata, purtroppo manca l'arbitro.”

Ed io forte dell’esperienza di 45 anni di matrimonio mi sono permesso di suggerire ai giovani futuri sposi: “Fate quello che vi pare. Non cercate l'arbitro e seguite un unico progetto: vivere insieme felici".

Tutto si sarebbe concluso così se non avessi avuto l'idea di unire al mio commento al post del 6 marzo, questa breve frase: “A che punto è la cucina?”
Qui viene il bello. Kara compendia un’unica risposta per i tre post ed ora mi tocca di dire che sono pienamente d’accordo con lui sugli argomenti dei post del 6 e del 9 marzo; ma che, considerata la risposta che ha dato complessivamente ai miei commenti relativi al post del 3 marzo, devo confezionare una risposta diversa - ma pur sempre complessiva - dove erigere qualche paletto agli accordi da me dichiarati sugli anzidetti post del 6 e del 9 marzo.

Questo stato di fatto nasce dalla risposta alla mia domanda “A che punto è la cucina?
Infatti ha scritto: “La cucina, ancora in alto mare. Devo riuscire ad imporre il mio punto di vista”. Sostiene: "Devo imporre il mio punto di vista"!
A mio parere si tratta di un caso degno di approfondita analisi e, sin d'ora desidero di mettere in guardia chiunque dall’azzardarsi di pronunciare una frase del genere. Io, persona interpellata di un possibile arbitraggio per dirimere una delicata questione privata che non coinvolge alcun mio interesse, non posso esimermi dall'intervenire per chiarire la portata delle mie risposte relative agli altri argmonenti trattati.

A questo punto potrei lasciar perdere perchè si sa che tra lui e lei non è opportuno mettere parola perchè prima o poi la spunterà lei, a meno che lui sia disposto a stare in cucina per tutta la vita a far da mangiare per tutti.
Ma non posso fermarmi qui.
La risposta sua coinvolge, come detto sopra, gli altri due post.
La dichiarazione "Devo riuscire ad imporre il mio punto di vista" è sconvolgente nel contesto di un discorso che tocca l'esistenza umana nell'universo mondo spazio-temporale, nonchè matematico per giunta!!
Alfieri pronunciò la frase "Volli e fortissimamente volli" coinvolgendo la propria persona per compiere un atto volontario su sé stesso; Kara impone su sé stesso il dovere indurre un'altra persona - che, tra l'altro, gli sarà compagna per tutta la vita - a soggiacere alla sua volontà.
A questo punto mi rimane solo da dimostrare perché la cucina di Paola e Flavio diventa importante ai fini degli altri due post dedicati a Matematica e Tempo.
°°°
Kara è una persona alla quale la sua formazione di ingegnere sta stretta. Non si contenta di approssimazioni da regolo calcolatore (è obsoleto ma il concetto di precisione insito nel nonio è largamente usato in ingegneria), ma vuole usarlo anche per la soluzione di qualsiasi altro problema di natura diversa dal tecnico applicativo. Ne so qualcosa io perchè, formato nella disciplina delle scienze economiche, ho vissuto tutta la mia vita tra gli ingegneri, ad iniziare da mio nonno Francesco che peraltro non ho mai conosciuto ma vive in me per i racconti di mia madre, da mio padre per finire con mio fratello e tutti i miei colleghi coi quali ho lavorato all'Enel per lunghi anni
Questo debbo precisare perchè altrimenti non meriterei quell'attenzione che solo l'autorevolezza di una testimonianza che il retaggio che mi contraddistingue può dare.
Prego di leggere post e relativi commenti direttamente sul link mentre, qui di seguito, li sintetizzo per lo stretto necessario per formulare una risposta complessiva al problema.
°°°
Matematica
Si svolge a Roma una certa manifestazione sulla matematica. Lo scopo è quello di rendere più accattivante questo argomento ostico ai più, togliendo quella patina di materia slegata dalla realtà, per pochi eccelsi. Kara sostiene: “Diciamola tutta fuori dai denti: non è necessario che tutti capiscano questa affascinante materia. Meglio pochi ma buoni, si suol dire. Chi dimostra il proprio disgusto, la propria malavoglia ad imparare, non è degno di essere indottrinato: che resti nella sua ignoranza e perda anche gli aspetti più giocosi e simpatici della matematica Io, nel mio piccolo, penso di potermi ritenere fortunato perché capisco ed apprezzo questa disciplina, dove è l'astrazione pura a farla da padrona.”.

Al post formulo un primo commento nel quale sostengo che dovrebbe spiegare all’organizzatore della manifestazione che si è fortunati perché si capisce ed apprezza la matematica, dove è l'astrazione pura a farla da padrona; ma si è intellettualmente disonesti quando si pretende di imporla al mondo intero. Da questo punto di vista, la matematica diventa la scienza degli asini e di tutti quelli che gli tengono dietro. Ergo gli do ragione perché la matematica serve solo a chi può e sa servirsene come lui ed è inutile e dannoso imporla.

Mi risponde dandomi ragione ed aggiunge che è lo stesso organizzatore della manifestazione ha scritto che le cose peggiori vengono da chi usa in modo sbagliato strumenti potenti che poco conosce.

In questa risposta, inoltre, chiede: "E se invece si volesse imporre la filosofia? Sarebbe ovviamente altrettanto dannoso, come dimostrano tanti casi storici. Questo perchè è la visione coerente del mondo che una persona dà dal suo punto di vista: non è detto che ci siano riscontri oggettivi sempre veri. Vale la mia quanto quella di chiunque altro. L'unico punto in comune con il discorso matematico è che non tutti sono in grado di fare filosofia o di capirla. Nuovamente occorre astrarre molto, il che forse accomuna matematici e filosofi".

A mia volta gli ho dato ancora ragione dicendo che non si può mai imporre una filosofia e che è peggio che imporre la matematica! Anche imporre una religione: E' un insulto alla libertà.

Ho ricordato il detto Voltaire in tema di libertà di pensiero: "Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere" ed ho sostento l'assurdità di dover sopportare dei tromboni magniloquenti che impongono le loro formulette persino ai sentimenti, come se dovessimo servircene anche per amare il prossimo. Infine ho manifestato il mio rispetto solo per le persone oneste con le quali sono disposto a ragionare; mentre le altre le ignoro. Conclusi questo intervento dicendo che presto avrebbe letto qualcosa in tema di onestà intellettuale sul mio blog e aggiungendo il mio ringraziamento per ispirarmelo. In fine di questa mia risposta, ho aggiunto quella incauta richiesta di cui tanto ho detto più sopra: “Avete deciso per la cucina?”
Al ché, Kara, inserisce due risposte: una riferita al post Tempi del 10 marzo di cui dirò in seguito: l’altra a questo relativo a Matematica. che qui trascrivo integralmente:

"Cucina, ancora in alto mare. Devo riuscire ad imporre il mio punto di vista. Le imposizioni solitamente non piacciono mai a nessuno, tuttavia io, ingenuamente, penso che se si potesse imporre un modo di pensare dettato dalla ragione, del tutto oggettivo, la gente non potrebbe che piegarsi. Con Voltaire non sono così d'accordo; a me piace molto discutere con chi ha idee diverse dalle mie, perchè solo così si ha crescita di pensiero. Però non lotterei mai per far esprimere idee con cui non concordo. Aspetto il tuo post. "

Tempo
Esprime un concetto bellissimo e desidero proprio ricopiarlo qui integralmente.

"Il tempo è sempre stato un ottimo alleato, finora. Rimanendo sempre ottimisti, avendo la giusta pazienza nell'attesa ogni cosa si è sempre risolta per il meglio e, spesso, al momento opportuno. Questo però, me ne accorgo solo ora, è solo una faccia della medaglia: il lato oscuro è che con il tempo ogni cosa viene stemperata, si dilavano le emozioni, restano gli scheletri delle c onsuetudini. Farsi trasportare dalla inesorabile corrente porta dunque verso il
grigiore, inteso come neutralità, scarico di aspetti positivi e negativi per l'effetto delle due facce del tempo. Cavalcare il flusso, viverlo sempre al limite, come non ci fosse un altro istante, quella sarebbe la strada; ma in questo modo ci si consumerebbe come una candela sempre accesa, bruciando le energie troppo in fretta, dopo di che si cadrebbe in completa balia del tempo, senza la minima forza di resistervi."

Non l’ho ancora commentato. Ho solo risposto ponendo il collegamento alla pagina del mio sito dal titolo L’ancora della memoria.

Non lo commento ancora perché non vorrei fare una mostruosa figuraccia iniziando il discorso sul secondo principio della termodinamica, oppure sulla teoria delle azioni non logiche di Pareto che tiene costantemente impegnato il mio pensiero.

04 marzo 2008

Blog del NYTimes per le primarie americane

Il 2 marzo scorso, Eugenio La Mesa, nel blog “Meno stato + mercato + libertà”, ha inserito un post dedicato al Blog del NYTimes per le primarie americane. Qui di seguito ne riporto interamente il testo a seguito del quale ho redatto un commento.

°°°
Ad ulteriore testimonianza di come Internet sia sempre più presente nella politica e nel giornalismo americani, il New York Times ha un blog dedicato alle primarie presidenziali.
Il fatto che uno dei + autorevoli quotidiani abbia un blog per le elezioni, nel quale chiunque può inserire commenti, è un grande segnale di apertura e di interesse verso le logiche del mondo Internet.
A quando la stessa cosa in Italia?
..... omissis

Scritto da Eugenio La Mesa il 02/03/08 alle 16:15 in Internet e la politica Permalink
..... omissis

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Il mio commento
Il 6 febbraio ho scritto sul mio blog “Al voto con sicurezza” nel quale chiedevo che le prossime elezioni di aprile si svolgano in un clima politico diverso rispetto al passato. In particolare auspicavo:
  • che le istituzioni si approntino ad operare secondo pochi e significativi principi di carattere generale condivisi nell'interesse di una maggioranza possibile e non di una minoranza di politicanti;
  • che i partiti possano operare in un clima di rispetto reciproco inducendo gli elettori a confidare che non avvengano manipolazioni nello spoglio delle schede elettorali;
  • che i programmi dei partiti corrispondano ad un'etica condivisa ed ai significati politici proposti;
  • che i partiti presentino candidati rispecchianti i requisiti richiesti perchè il loro operato sia conforme al programma.
Da allora attendo qualcuno che abbia la cortesia di commentarlo.
Non ho speranze: sino a quando i candidati saranno imposti dai partiti e non scelti democraticamente da convention democraticamente istituite dai partiti, i blog elettorali saranno da cercare come pietre preziose in mezzo alla spazzatura ... dalla quale, invece, spuntano solo i politici che troppo bene conosciamo!
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Il 14 aprile non andremo a votare: andremo a riciclare.
Scritto da: Pietro Bondanini 04/03/08 a 11:08

21 febbraio 2008

Un buon inizio

Nel post del 6 febbraio scorso intitolato “Al voto con sicurezza” chiedevo che le le prossime elezioni di aprile si svolgano in un clima politico diverso rispetto al passato. In particolare ho auspicato:
1. che le istituzioni si approntino ad operare secondo pochi e significativi principi di carattere generale da condividere nell’interesse di una maggioranza possibile e non di una minoranza di politicanti, 2. che i partiti possano operare in un clima di rispetto reciproco inducendo gli elettori a confidare che non avvengano manipolazioni nello spoglio delle schede elettorali e 3. che i programmi dei partiti corrispondano ad un'etica condivisa ed ai significati politici proposti; 4. che i partiti presentino candidati rispecchianti i requisiti richiesti perché il loro operato sia conforme al programma.Dopo quindici giorni - anche se la certezza nelle cose politiche non è mai regina – osservo che si sta manifestando qualche cambiamento in senso positivo rispetto alla tornata elettorale del 2005 che portò alla ribalta un governo che dopo pochi giorni dal suo insediamento iniziò a perdere il consenso senza alcuna possibilità di recuperarlo.
Qui non voglio cercare cause né formulare ipotesi su evidenti errori politici commessi contro l’economia e contro la società, ma osservare, sin dall’inizio della nuova campagna elettorale, come si articola prospetticamente la proposta politica sulla base di quanto ho scritto nei tre post che precedono questo che oggi sto scrivendo.
Nel primo: “Si può superare l’utilitarismo?”, osservavo che ancora oggi il dibattito politico si svolge - sotto un profilo strettamente utilitaristico - su classi di fattori, inquadrati singolarmente in ogni branca dello scibile umano e non sull’insieme dei fattori inquadrati in una logica antropocentrica.

Nel secondo:“Social liberalismo o liberalismo sociale?”, ho tentato di trarre tra le ideologie ispirate al liberalismo e al socialismo un legame che consenta di formulare un sostegno di idee perché entrambe queste condizioni siano soddisfatte al fine di conseguire una maggiore efficienza di reattività sociale nel gestire le risorse con obiettivi e priorità diversificati nel modo, ma comuni per le finalità:
- il socialismo perché tende realizzare il benessere sociale per una felicità che si presume di tutti;·- il liberalismo perché tende a realizzare il benessere di tutti nella società, per la felicità che ognuno pensa di realizzare per se stesso.
Nel terzo: “Propensione ad agire”, ho tratto dalla teoria delle azioni non logiche di Pareto il principio fondamentale che dovrebbe orientare l’azione politica, che si enuncia come segue:
data una certa disponibilità di risorse per soddisfare i bisogni, il processo politico per gestirle al meglio è mosso dal principio di ragionevolezza che caratterizza l'operare delle persone per conseguire obiettivi le cui finalità sono accettabili perché fondate su congetture ragionevoli, e, in modo che tutti abbiano coscienza dei rischi operativi. 
Mi spiego con due esempi.
  1. Se piove, è sperimentalmente certo che se apro l’ombrello non mi bagno la testa.
  2. Se voglio aumentare le mie disponibilità di denaro ho diverse opportunità a mia disposizione, ma tutte non mi danno la certezza che evolveranno in senso gradito. La ragione mi suggerisce di agire secondo il mio profilo di rischio: minimo se compro bot o cct, massimo se gioco a enelotto.
Consiglio a chi mi legge di osservare se tutti i propositi del passato governo hanno rispettato il suddetto principio, per concludere che, se avesse fatto il contrario di tutto, oppure non avesse fatto niente del tutto, sarebbe stato un ottimo governo!
Ma non voglio trattare questo argomento come già più sopra ho rilevato.
Voglio invece esaminare, durante questo nuovo percorso politico, se gli sviluppi seguiranno le linee che ho prospettato in questo post che riassume i tre che lo precedono.

18 febbraio 2008

Propensione ad agire

Nel contesto storico, la reattività sociale tende a migliorare la propria efficienza quando:
data una certa disponibilità di risorse per soddisfare i bisogni, il processo è mosso dal principio di ragionevolezza che caratterizza l'operare delle persone per conseguire obiettivi le cui finalità sono accettabili perché sperimentalmente certe, oppure, se in difetto di certezza, le conseguenze che ne derivano sono gradite o meno prima di metterle in atto.

In entrambi i casi le persone sono ragionevoli perchè compiono azioni le cui finalità sono logiche oggettivamente e soggettivamente: la differenza sta solo nella certezza o meno del risultato sperato prima di agire.
Questo processo nasce dalla teoria delle azioni non logiche di Pareto e, in un sistema deterministico nel quale può essere esaudita solo la domanda corrispondente a beni quali - quantitativamente valutabili, la reattività si manifesta capace di ricostituire, anche nei momenti nei quali si muovono eventi di grande cambiamento, uno stato di sostanziale equilibrio.

Ma perché questo equilibrio si realizzi, occorre anche che la società, nel suo insieme, sia in grado di agire in modo coerente e che tutti gli agenti, prima di assumere un ruolo nel contesto organizzativo di appartenenza, prendano coscienza dei rischi comportanti le azioni che devono svolgere, manifestando la propensione a soggiacere ai vincoli comportanti la cessione di parte della libertà.


In contropartita otterranno vantaggi per il progetto di vita che ognuno ha per sé.
In una democrazia dove i principi di libertà sono largamente osservati e dove il processo politico si sviluppa secondo il principio di ragionevolezza, la propensione si manifesta con un atto volontario; laddove, invece, questo processo si manifesta in modo distorto per la presenza di istanze ideologiche giustificative mosse da sentimenti volti a commettere atti non ragionevoli, il consenso non deriva più da una adesione volontaria, ma da una costrizione più o meno intensa.


Ritengo di individuare tre modi del manifestarsi della propensione che ritengo presenti in grado più o meno elevato nelle nostre moderne democrazie:

A. Propensione coatta. E' il caso nel quale le persone sono costrette ad unirsi alla classe determinata dal loro rango sociale;


B. Propensione indotta. E' il caso nel quale le persone fanno parte di un'associazione per curare gli interessi per l'esercizio delle proprie attività, oppure per tutelare i diritti lesi per qualche circostanza di danno emergente o subito;


C. Propensione volontaria. E' il caso nel quale le persone coltivano un'idea e si associano con l'impegno di professarne la diffusione compiendo missioni di proselitismo.


Oltre i confini di A. e di C. la propensione si manifesta come istintiva. E' il caso nel quale le persone manifestano al fine di liberarsi da ogni vincolo ed obbligo verso gli altri concependo la vita come tempo da trascorrere solo per sé stessi e per concedere niente agli altri.


Qui allegato abbozzo uno schema su come si articola la reattività sociale secondo il modo di manifestarsi della propensione ad agire.

17 febbraio 2008

Social-liberalismo o liberalismo-sociale?

Oggi i fenomeni sociali ed i pensieri che vi si sviluppano sono i punti focali da esaminare in ogni loro aspetto tendenziale. Le ideologie che ancora imperversano nel tentativo di costruire equilibri esistenziali astratti, continuano a produrre una distribuzione distorta delle risorse che portano l'uomo a dividersi in ceti o classi sotto il giogo delle tirannie monarchiche od oligarchiche.
A questo punto, mi chiedo quale idea (non l'ideologia), intesa come fondante, è più adatta per guidare la società a comportarsi in modo più razionale.
E’ giocoforza limitare l'esame a quelle già esistenti (altre, nuove, sarebbero utopie) e alle due che ritengo siano le uniche che conservino una loro propria validità sotto il profilo politico: entrambe ispirate all’idea di libertà espressa nella forma democratica.
La prima si riferisce al socialismo, l'altra al liberalismo.
Al riguardo, ritengo sia indispensabile enucleare quanto ci sia di comune tra loro in modo da costruire un unico progetto sul quale costituire due orientamenti l'uno proteso a soluzioni innovative sul piano della socialità; l'altra sul piano del mantenimento dell'equilibrio socio-economico, della concorrenza, dell'efficienza dei servizi sociali compatibile con le risorse previste dal bilancio dello stato.
Premesso che, per entrambe le ideologie, la libertà è l'espressione di tutti gli ordinamenti istituzionali delle comunità dove la democrazia è compiuta, quale dei due modi di manifestarsi risulta più efficiente sul piano della reattività sociale?
  • gestire le risorse con la speranza di realizzare la vivenza che si considera indispensabile per il benessere sociale e per la felicità che si presume di tutti, oppure
  • gestire le risorse con la speranza di realizzare una vivenza che si considera indispensabile per il benessere di ognuno nella società e per la felicità che ognuno pensa di realizzare per se stesso ?
Il dilemma che nasconde la duplice conformazione di un'unica Idea, chiude questo post, ma formerà la materia fondamentale che tratterò nei prossimi, sempre che i miei amici blogghisti vogliano aiutarmi.

Si può superare l'utilitarismo?

Ancora oggi la politica di stimolare i consumi per aumentare il prodotto interno lordo (PIL) sembra essere non idonea per armonizzare lo sviluppo dell'economia e conseguire un accettabile equilibrio sociale: ciò perché il dilemma è come e verso cosa orientare le maggiori quote di reddito conseguite.
Le decisioni in merito muovono sulla base di confuse discussioni ideologiche tra contrastanti pressioni lobbistiche che spingono a:

  • lasciarle al cittadino per incrementare ulteriormente i consumi o la formazione di risparmio individuale riducendo l'imposizione fiscale personale;
  • conferirle alle imprese per stimolare propri investimenti favorendo il mercato mobiliare da una parte e riducendo le imposte sui consumi, dall'altra;
  • ridistribuirle nel welfare e/o nelle imprese e/o in investimenti strutturali.

La lotta di classe si è formata con la contrapposizione dei fattori produttivi terra, capitale e impresa al lavoro; dal ché può derivare:

  • che, attraverso lo sfruttamento di posizioni monopolistiche si accumuli ricchezza a detrimento del fattore impresa e quindi anche di quello del lavoro creando sottosviluppo e disoccupazione;
  • che, attraverso la socializzazione di terra, capitale e impresa non prendano corpo quelle iniziative opportune a creare uno sviluppo che consenta di mantenere un alto grado di occupazione;
  • che solo mantenendo complementari impresa e capitale con lo sfruttamento di terra e lavoro, si possano effettivamente creare quelle condizioni per mantenere il benessere economicamente inteso.

Le contrapposizioni si sono sviluppate sino ad ora sotto due linee ideologiche: il socialismo ed il liberalismo, intesi nel senso classico.
Le contrapposizioni, in realtà, non si sono sviluppate tra i fattori produttivi, ma ricadono tra chi ha il governo di questi fattori e cioè su chi fonda la propria politica col presupposto di realizzare la "felicità" dei cittadini. Il socialismo ha creduto di realizzare questa “felicità” con la pianificazione delle risorse attraverso complicati e dispendiosi sistemi di ridistribuzione del reddito, il liberalismo, all’opposto, con la limitazione al minimo degli interventi sull’economia, lasciando il tutto all’autoregolamentazione del mercato.
Ancora oggi il dibattito politico si svolge su classi di fattori, inquadrati singolarmente in ogni branca dello scibile umano e non sull’insieme dei fattori inquadrati in una logica antropocentrica. E non più sotto il profilo strettamente utilitaristico.

06 febbraio 2008

Al voto senza sicurezza

Giunge ora questo SMS.
Da 484751
ScriptTIM by TG5 (12:04) IL PRESIDENTE NAPOLITANO HA SCIOLTO LE CAMERE: “E’ stata una scelta obbligata, non c’erano le condizioni per proseguire”.


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Mi trovo agli albori di una nuova campagna elettorale. Speravo, come ho scritto nel post del 30 ottobre 2006, che a noi elettori ci fosse offerta, preliminarmente, una regola che consenta di esprimere con serenità di giudizio la scelta dei candidati.
Chiedevo, infatti, che le istituzioni provvedessero in modo che, con pochi e significativi principi di carattere generale condivisi nell’interesse di una maggioranza possibile e non di una minoranza di politicanti, i partiti potessero operare in un clima di rispetto reciproco inducendo gli elettori a confidare che non avvengano manipolazioni nello spoglio delle schede elettorali ; che i loro programmi corrispondano ad un'etica condivisa ed ai significati politici proposti; che presentino candidati rispecchianti i requisiti richiesti perchè il loro operato sia conforme al programma.

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Invece - ancora una volta - inizia una campagna elettorale all’insegna della più evidente e dannosa baraonda politica che domina il paese e che non è mai cambiata dai tempi che coprono quasi per intero la nostra storia repubblicana.
In quasi dieci lustri di centro e centrosinistra, di tri, quadri, pentapartiti sostenuti da microformazioni di individui transeunti da destra a sinistra e viceversa, la politica italiana ha premiato solo la strategia che ha portato al potere individui che si alternano nel condividerlo formando una casta che muta secondo una metamorfosi di tipo familistico, oppure per cooptazione, anzichè per elezione come dovrebbe essere per tutte le forme associative. Ora, al posto della trasparenza negli atti, impera il conflitto di interessi. Negli enti locali, nei comuni, nelle province, nelle regioni ed in tutte le istituzioni dello stato.
Ed è questa casta che curerà questa difficile tornata elettorale.

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Le vicende politiche sono state inquinate dal comunismo contro il quale – in tutta la nostra storia repubblicana - si sono opposte poche difese e molte chiacchiere, passando dalle convergenze parallele che hanno svergolato tragicamente con l'assassinio di Moro, al giustizialismo monodirezionale contro chiunque ha osato ostacolare la sinistra nel suo diabolico disegno di imporre il suo modello sociale che altrove ha portato solo lutti e miseria.

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Craxi si è opposto ed ha pagato l'abiura del comunismo con l'esilio! Gloria a Craxi anche se non sono mai stato socialista ed infamia a chi gli ha impedito di curarsi in Italia! Occorrerebbe curare la tenuta dell’albo di chiunque gli abbia gettato le monetine.

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E’ un vera emergenza. Quanto scrivevo sullo specialismo di Prodi si è avverato e, purtroppo si sono anche avverate le conseguenze di quanto non occorrevo davvero io a vaticinarle.
Allora ero persino convinto che la questione delle classi sociali fosse definitivamente chiusa e che la distinzione tra ricchi e poveri fosse per sempre sepolta, quando ecco, Visco, sotto la vigile tutela di T.P.Schioppa, toglie dalle tasche di chi ha più di sessantamila euro di reddito annuo qualche spicciolo per darne la metà a chi ne guadagna meno e per giunta gliele toglie pure con l’aumento delle tasse.
Avanti così torneremo all’autarchia e alle tessere annonarie.

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Berlusconi ha timidamente proposto 15 punti. Io li approvo tutti e vorrei vederli trascritti in qualche posto per commentarli.
La realtà è che i quindici punti fanno paura alla massa di politici che tenteranno di assaltare nuovamente la diligenza.
Supplico Vespa e Mentana di parlare dei 15 punti *. Invitando solo candidati seri e competenti indipendentemente da ogni parte politica.
Basta parlare di DICO, di aborto o di cellule staminali. Alla gente, ora preme solo la pagnotta e che il Paese si rimetta in moto. Appunto secondo le ricette di Berlusconi che sono le stesse del programma del suo precedente governo.
Se milioni di italiani sono scesi in piazza per lui, vuol dire che gli italiani ed io, in particolare, vogliamo una cosa sola: che riprenda le redini del potere.
Pietro Bondanini