Sempre attuale

Risonanza, biforcazioni e fluttuazioni

  Sul dilemma tra necessità e possibilità, ritengo sia determinante l'intervento di Ilya Prigogine, laddove, nella processualità...

5. La Azioni degli uomini

Fare significa svelare la Verità, una Verità la cui fallacia è indimostrabile; in altre parole, una Verità che è propria dei Fenomeni che, indipendentemente dalla loro ripetibilità, intrinsecamente contengono la risposta a ogni perché.
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Le Azioni degli uomini si contraddistinguono con sei attributi:
1.    Modo,
2.    Mezzo,
3.    Rischio,
4.    Movente,
5.    Portata,
6.    Effetto.
Il Modo è come si fa; il 1. Mezzo è cosa si fa; il 3. Rischio rappresenta il grado di sicurezza per conseguire il successo. Considerare l’Azione con i soli attributi di mezzo e fine, nel senso che Machiavelli ha voluto dare a questi termini, è definire troppo vagamente l’agire umano: perché il fine è riferito al Progetto e non all’Azione, mentre il 2. Mezzo è l'insieme delle operazioni elementari sulle Cose da trattare per conseguirlo. Questa distinzione è essenziale per intendere il comportamento della Persona, in quanto, per ottenere un fine buono, il senso morale comune non consente la messa in opera di azioni cattive.
Il 4. Movente riguarda la ragione dell'Azione in operazioni necessarie allo sviluppo del Progetto.
La 5. Portata può individuarsi nel favore o svantaggio verso chi le Azioni sono compiute:

  •   Primo tipo: per l’Agente stesso;
  •   Secondo tipo: per le Persone della cerchia familiare;
  •   Terzo tipo: per il Gruppo di Persone  con cui s’intrattengono rapporti sociali ed economici diretti;
  •   Quarto tipo: per il Gruppo di Persone della Comunità propria o di altre NON legate da un reciproco vincolo.

L'Effetto 6. rappresenta l’esito dell’Azione in termini di fattori psicologici, economici e sociali. Effetti fuori campo di queste discipline, non interessano se non coinvolgono il Movente per cui l’Azione è eseguita.
Il Mezzo è l'insieme delle cose mosse dalle operazioni elementari per conseguire un risultato. Intrinsecamente considerate, le cose non sono né Bene né Male, perché in esse è insito un po' di bene per il bene: quindi, il Bene e il Male non abitano nelle Cose, ma originano dall'insieme dei Mezzi coordinati che complessivamente costituiscono il Rischio nell’ottenere il successo. Le Cose non si compiono da sole, ma è con Volontà e Determinazione che l’agente assume attraverso la Coscienza di attuare l’Impulso di fare ciò che creda Bene, oppure che creda Male. Il Giudizio è possibile a Cose fatte - sul Movente, correlato alla sequenza dei fatti, soppesando la Ragione in rapporto ai Rischi sopportati.
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Il Movente di Robin Hood (Il nobile Robin, dopo aver combattuto con Riccardo Cuor di Leone, diventa un fuorilegge, per difendere il proprio paese dalle prepotenze dello sceriffo di Nottingham), di Ghino di Tacco (Quiv’era l’Aretin che da le braccia fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte - Purgatorio VI, vv. 13-14) o del Passator cortese (Portavoce degli scontenti, riuscì per anni a tenere in scacco i governanti pontifici nei territori delle Legazioni), non era economico, ma politico. Lo stesso può dirsi di Garibaldi (Ritentò l’impresa dei Mille per la conquista di Roma, ma sull’Aspromonte fu bloccato dall’esercito regio e arrestato. Liberato in seguito ad un’amnistia, trascorse alcuni anni a Caprera ...) e delle brigate rosse o nere perdenti o vincenti alle quali vorrei tranquillamente aggiungere quelle che si vanno formando tra i no global ovvero tutti quelli che usano la violenza per opporsi al cambiamento o provocarlo.
La storia propone l'attenzione sugli atti militari e politici, sottacendo quelli che hanno coinvolto direttamente le persone, molte delle quali hanno subito più danno che beneficio.
La terribilità delle guerre e delle rivoluzioni e le carestie che ne derivano sono spesso frutto della Passione insita nell'agire, piuttosto che la Ragione nel considerare tutti i fattori che concorrono a lenirne gli effetti. Le tattiche prodotte su strategie sbagliate portano all'annientamento.
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Qui si contrappone in senso drammatico, la forza o la debolezza della Persona singola che progetta il proprio Percorso di vita col credere e sperare di raggiungere liberamente la meta designata.
A questo punto, ritengo opportuno fare cenno ai principi basilari della morale che, per i cristiani, formano la giustificazione degli atti umani.
Le virtù teologali sono tre: Fede, Speranza e Carità[1]. La Carità diventa Amore, la chiave di volta della Fede e la molla della Speranza.
Se l'Amore comprende l’Altro (cioè tutti i simili e diversi) è Bene; se comprende alcuni o solo sé stessi è Male.
Credo che nessuna parte religiosa possa muovere osservazioni su queste doti che sono paradigmatiche negli entourage degli agenti ai confini della Portata di Terzo tipo, ma potrebbero essere condivise dall'umanità intera solo che si potesse trasformare ogni forma corporativa in associazione volontaria togliendo le barriere che s’issano per coprire gli interessi di parte. L’interesse è il principale ostacolo perché si costituisca una Coscienza consapevole che porti ad agire amorevolmente oltre i limiti della terza Portata.
Bello è amarsi, bello è l’amore in famiglia, bello è volersi bene tra i conoscenti, ma, meraviglioso sarebbe se la barriera di sospetto che ci divide, si spezzasse per formare una coscienza universale focalizzata sulla consapevole fiducia nell’Altro, sentimento, questo, ancora a noi ignoto.
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Il percorso di vita è caratterizzato dalla Passione dominata dal contrasto tra virtù e vizi che accompagnano la nostra esistenza: le virtù sono la Giustizia, la Fortezza, la Prudenza e la Temperanza; i vizi che inducono al peccato sono l'Accidia, l'Ira, la Superbia, la Gola, l'Avarizia, l'Invidia e la Lussuria.
Credo che questo schema possa essere largamente condiviso perché tutte le Azioni dell’Uomo sono più o meno improntate a un insieme di queste Passioni ora virtuose, ora viziose.
E' grandioso il discorso che Ulisse, appena superate le colonne d'Ercole, fa al suo equipaggio per convincerlo a continuare nell'impresa:
'O frati', dissi 'che per cento milia
perigli siete giunti all'occidente,
a questa tanto picciola vigilia
di nostri sensi ch'è del rimanente,
non vogliate negar l'esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza'.
(Inferno , canto XXVI, vv.112-120)
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Porto ad esempio tre Persone: un giudice, un militare e un imprenditore.
Viene spontaneo pensare che il giudice debba essere giusto, il militare forte e l'imprenditore prudente: in realtà giudice, militare e imprenditore devono praticare, tutti, le tre virtù.
Il giudice debole e imprudente pratica male la giustizia; il militare ingiusto e imprudente combatte male in guerra; l’imprenditore ingiusto e debole non ha certo le caratteristiche per tirare su un'impresa. Quanto alla Temperanza, si tratta di una virtù atipica perché è valida indistintamente per tutti specie nei tempi nostri, in cui sembra che l’esaltazione degli Istinti prevalga su quella dei Sentimenti.
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Posto così il problema della Passione, non chiarisco ancora nulla perché conduco il ragionamento in termini assoluti e non relativi alla personalità del soggetto e, soprattutto, alle circostanze nelle quali il soggetto stesso opera.
E' l'intreccio tra virtù e vizi che caratterizza il comportamento nel percorso di vita! Sono i Fatti che inducono a scegliere: Fatti che mettono alla prova il senso di Giustizia, di Fortezza e di Prudenza; i Fatti che fanno scivolare nel commettere un fallo d'Ira, d'Invidia o di Superbia; oppure, al peggio, portano a occupare la gabbia dell'Accidia, dell'Avarizia, della Gola e della Lussuria. Ma sarà sempre un Evento prodotto dal succedersi dei Fatti a rivelare ciò che è Bene, oppure Male.
Peraltro, occorre prestare attenzione a non generalizzare perché in tutte le forme di comportamento esiste la misura cui conformare le nostre azioni e per giudicare chi sbaglia: l'Etica, quell'insieme di regole che comportano l'impegno delle persone ad assumerle come proprie, per essere accettati in società. Ma, tra esse, non tutte stabiliscono gli stessi usi o condividono gli stessi costumi nell'indirizzare un comportamento etico condiviso. La circostanza della condivisione assume oggi aspetti molto importanti col fatto della globalizzazione osservata come fattore di integrazione tra etnie.
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Ho parlato di Passioni fatte di virtù e di vizi, e ho fatto un cenno all’Etica che copre il Sentimento del Senso morale. Non sono solo questi i Sentimenti. Esistono anche quelli estetici e religiosi. La percezione di questi due sentimenti ha un costrutto che esula dalla sfera della razionalità perché un’innumerevole quantità di Persone buone e amanti del bello – oggi e nel passato – danno testimonianza che il Bello e il Bene esistono.
Dare testimonianza vuol dire svelare la Verità, una Verità [2] che è incontrovertibilmente impossibile dimostrarne la fallacia, in altre parole una Verità che è propria dei Fenomeni per i quali non c’è risposta al perché se non come fanno i genitori ai loro bimbi quando congiungono un perché all'altro. La Verità assume questi due aspetti che portano ad una terza, conclusiva:
  • Il Bello, è vero perché occorrerebbe dire brutta la Gioconda di Leonardo da Vinci. Leonardo fu felice dipingerla, e noi pure nell'ammirarla; 
  • Il Bene, è vero perché si potrebbe sospettare che Beata Madre Teresa di Calcutta abbia fatto del male, invece fu felice nel fare solo il bene; 
  • Dio esiste perché, sebbene troppo spesso respinto, è invocato in caso di estremo bisogno e vituperato per nostra stessa inettitudine e superbia nel voler essere più bravo di Lui.

Ecco quindi apparire chiaro che il circuito intercorrente tra Coscienza e Responsabilità non si esaurisce in un mero gioco d’Istinti governati dalla Raziocinio, ma in un orizzonte più vasto misurabile nel grado di Ragionevolezza con cui ognuno palesa la volontà di indirizzare le proprie tendenze.
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E’ in molti la convinzione che 
la religione, per definizione, è integralista, mentre la scienza vive nel dubbio, nella ricerca della verità» (…) 
La religione impedisce di ragionare mentre la scienza vive nella ricerca della verità. Sono mondi molto lontani.[3]
Penso che queste due frasi diano l’impressione di un convincimento assai preoccupante per chi le pronuncia. L’equivoco è costituito dal fatto che lo scienziato vive sì nel dubbio, ma non può, né deve cercare la verità! Lo scienziato scopre rapporti esistenti tra cose e fenomeni e sperimenta all'inverosimile per ottenere certezze: ma, se esula dalla sperimentabilità, crea un circolo improduttivo di ragionamenti apodittici circolari! Oggi si è introdotta una nuova filosofia: la filosofia della scienza. Oibò! Ma se la scienza è una derivazione della filosofia, come si fa a speculare sulla filosofia insita nella scienza stessa? Se la fisica è scienza, si dovrebbe dedurre che la filosofia della fisica includa nella fisica la stessa metafisica rifiutata dalla fisica perché tratta fenomeni non valutabili sperimentalmente.
L’approccio alla fenomenologia antropologica non può accettare l’impostazione in cui si parta dal presupposto che siano praticabili filosofie della psicologia, dell’economia e della sociologia. Queste scienze non consentono la ricerca pura che condurrebbe all’utopia, ma consistono nella ricerca vincolata a una deontologia preesistente, proprio perché la Verità che le sostiene è insita in Fenomeni non giudicabili né giustificabili. Chiunque eserciti la professione nel campo sanitario, ad esempio, dovrebbe farsi obbligo di guarire i malati; non di cercare la Verità! Così anche il fisico nucleare, dovrebbe proseguire le ricerche nella fusione fredda, ma non quella di voler riprodurre il big bang che, a quanto sembra ragionevole pensare, fu un evento unico che fantasiosamente si immagina sia successo all’origine dei tempi. 
Il principio di laicità può escludere dal sociale la spiritualità che in massima parte si porta  appresso  attività materialmente non utile, ma va comunque considerato nel senso che un’Etica senza ontologia non possa sussistere senza una Coscienza costruita su Sentimenti ispirati alla Religione, alla Morale e all’Estetica. Non esiste un progetto senza Fede né lo si fonda sul Male né sul Brutto![4]

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[1] le virtù teologali sono quelle che riguardano Dio, rendono l'uomo capace di vivere in relazione con la Trinità e fondano ed animano l'agire morale cristiano, vivificando le virtù cardinali.
[2] Penso che le argomentazioni sostenute da Popper sul principio di falsificazione non abbiano validità per le scienze umane e coerentemente per nessuna altra scienza considerata nei suoi aspetti applicativi.
[3] Dichiarazioni del Prof. Umberto Veronesi a Sky Tg 24 nel pomeriggio del 4 febbraio 2010.
[4] Il contenuto del presente capitolo riguardante le convinzioni che hanno ispirato l’intero decorso del mio progetto di vita, vuole essere conforme all’affermazione “sia il conoscere che l’agire umano è regolato dall’essere” contenuta al n. 98 della Lettera Enciclica “Fides et Ratio” di Giovanni Paolo II, data a Roma il 14 settembre 1998.
 
    

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