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Prossimamente la nuova edizione |
Di là dal fatto che la natura crei o no sé stessa (ma
questo non è il problema di Prigogine), l’Autore dimostra in poche pagine che
il dilemma può essere inserito in una cornice matematica esatta. Qui non è
necessario riassumere oltre lo svolgimento del tema, perché le sue
argomentazioni, indipendentemente dal linguaggio usato, sono già
sufficientemente efficaci per confutare certe tendenze di pensiero contrarie, che,
con caparbia e pervicacia, vogliono sopravvivere in tema di evoluzione.
Seguo l’eminente scienziato nel chiedermi se tutti i fenomeni
compresi nelle scienze, siano integrabili.
Ovvero, stabilito un principio scientifico come quello osservato nella fisica classica, esiste, per il tempo, una direzione privilegiata sula quale fare previsioni esatte anche per le Scienze Umane sulle quali grava il nostro stesso arbitrio?
Ovvero, stabilito un principio scientifico come quello osservato nella fisica classica, esiste, per il tempo, una direzione privilegiata sula quale fare previsioni esatte anche per le Scienze Umane sulle quali grava il nostro stesso arbitrio?
Ilya Prigogine ci ricorda che, per la fisica classica, il futuro e il passato
giocano lo stesso ruolo e tutto procede in modo predeterminato e che, per la
termodinamica, tutto va verso la morte: la morte termica.
Parmenide - Eraclito |
Oggi il malato guarisce con l'uso appropriato di medicine
ottenute con la ricerca scientifica. Con essa si scoprono rapporti di causa -
effetto e interdipendenze rilevati con la sperimentazione ed il campionamento
statistico portando a risultati di certezza di guarigione che lo stregone d’un
tempo non era in grado di assicurare. Allo stesso modo, quando il malessere
sociale cresce per difficoltà di accesso alle risorse, oppure quando queste
ultime sono gestite con minore efficienza, conviene ricorrere ai metodi applicativi
propri delle scienze umane, quali la psicologia, la sociologia e l’economia,
con l’intento di ricomporre l’equilibrio tra i fattori di produzione senza
ricorrere alla sovrabbondanza di vincoli che nascono dalla disputa politica tra chi difende l’ambiente e il lavoro e chi gestisce l’impresa e il capitale.
Verrebbe da osservare che pochi ricchi: troppi infelici;
molti poveri: pochi felici; tanti ricchi: tutti felici, ma ritengo che questa
convinzione sia viziata dal mettere sullo stesso piano il rapporto di ricchezza
e felicità con quello di povertà e infelicità.
Ben s’intende, queste mie considerazioni valgono per
società benestanti; cioè per quelle, dove il benessere è diffuso.
Queste società, tuttavia, tendono a frammentarsi in classi in modo che l’una riservi a sé il dominio sui fattori produttivi e l’altra possa scegliere i consumi solo tra quelli che la prima concede. Così risulta che la classe dominata dipenda esclusivamente da ciò che concede la classe dominante e che si realizzi, in parte dei dominati, un equilibrio economico alterato da un diffuso disagio sociale per effetto della privazione della libertà di intraprendere.
Queste società, tuttavia, tendono a frammentarsi in classi in modo che l’una riservi a sé il dominio sui fattori produttivi e l’altra possa scegliere i consumi solo tra quelli che la prima concede. Così risulta che la classe dominata dipenda esclusivamente da ciò che concede la classe dominante e che si realizzi, in parte dei dominati, un equilibrio economico alterato da un diffuso disagio sociale per effetto della privazione della libertà di intraprendere.
In verità, non è solo questo il motivo dell’inesistenza
di correlazione tra benessere che è cosa materiale e felicità che è cosa immateriale.
Ricchezza e felicità abbracciano insieme sentimenti mossi dalla religiosità,
dal senso morale e dal senso estetico trasformandosi nelle passioni che
sconvolgono gli istinti sino allo scatenarsi di pulsioni generalizzate anche
violente.
Il Papa, una domenica nel mese di luglio 2014, recatosi
nel Molise in visita al Santuario di Castelpetroso, dichiarò che la vita è fatta per cercare amicizie e valori
che durino per sempre. Il cuore aspira a cose grandi, a valori importanti, ad
amicizie profonde, a legami che si irrobustiscono nelle prove della vita
anziché spezzarsi. L'essere umano aspira ad amare e ad essere amato. Questa
è la nostra aspirazione più profonda: amare ed essere amato.
Ne consegue che il collante sociale e la felicità delle
persone inizia dal rispetto per l’altro e dalla sollecitazione che l’altro
esercita nell’imbastire una reciproca comunanza di sentimenti e di affetti.
La ricerca della ricchezza non è quindi determinante per
ottenere l’equilibrio sociale.
Sino ad oggi, si è ritenuta risolutiva la gestione delle risorse che si ricavano dai fattori di produzione che sono la terra, il capitale, il lavoro, l’impresa. E’ ancora assente il collegamento tra economia e società e, per i motivi che svilupperò parlando della civiltà dei consumi (Cap. 4), ai quattro fattori di produzione, sembra necessario - proprio in relazione al dover contrastare i disagi sociali - aggiungerne un quinto, costituito da strutture con valenza deontologica[1], guidate da persone agenti già individuate come Propagatori istituzionali nelle teorie di Giovanni Demaria.
Sino ad oggi, si è ritenuta risolutiva la gestione delle risorse che si ricavano dai fattori di produzione che sono la terra, il capitale, il lavoro, l’impresa. E’ ancora assente il collegamento tra economia e società e, per i motivi che svilupperò parlando della civiltà dei consumi (Cap. 4), ai quattro fattori di produzione, sembra necessario - proprio in relazione al dover contrastare i disagi sociali - aggiungerne un quinto, costituito da strutture con valenza deontologica[1], guidate da persone agenti già individuate come Propagatori istituzionali nelle teorie di Giovanni Demaria.
Infatti, l’economia, ancora oggi, è protesa sull’impresa
che produce profitti. Il profitto costituisce la remunerazione dell’impresa,
quindi, nella logica economica, non può esservi impresa che produca qualcosa di
diverso. Ora, invece non si tratta di attuare equilibri economici ma equilibri
sociali, per cui è logico pensare che all’impresa economica si accompagni
l’impresa sociale, sia pure tenendola distinta per non inficiarne l’efficienza
secondo il principio che ognuno sappia fare il suo mestiere.
Dal ché, indipendentemente da come sono ottenute per via
pubblica o privata, le risorse, oltre a produrre reddito, necessitano di essere
convogliate per creare un benessere diffuso dando origine alla definitiva
scomparsa del censo e delle classi sociali e, conseguentemente anche della
povertà.
°°°
In prima approssimazione, per effetto di eventi avversi, considero
che, nei gruppi politici, (famiglia, comunità, popolo, stato, nazione), le risorse cessino di essere sufficienti nel mantenere il tenore di vita raggiunto.
Nella maggior parte dei casi, la reattività generata per effetto
del succedersi dei fatti non attesi, è sufficiente per mantenere nei gruppi lo
stato di benessere attraverso un oculato impiego di quanto si dispone; in tal
modo, la società cresce seguendo lo stesso passo del consumo per ridurre
l’effetto entropico ricavato dallo sfruttamento delle risorse endogene cioè
quelle interne al sistema.
Quando, invece, l’energia viene a mancare, l’entropia
aumenta e il benessere decade, non tanto per la mancanza di fonti esterne prima
attinte, ma per la sensazione d’impotenza che la mancanza stessa genera.
La reattività che deriva principalmente dall’azione di
forze esterne al settore dell’economia, è alimentata da agenti che operano in
certe condizioni di costrizione e formano aggregazioni che hanno finalità
diverse dall’essere utili alla comunità. Le istituzioni espresse ora, specie in
Italia, dall’azione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, in un
sistema culturale ed educativo che invade il campo della discrezionalità dei
cittadini, dovrebbero cessare dal considerarsi ordinatrici del percorso di vita
degli amministrati ma divenire agenti propulsori perché i rapporti umani
continuino ad essere trattati sulla base delle leggi del libero mercato
limitatamente alla sola circolazione e allo scambio dei beni materiali.
Va infatti osservato che i beni immateriali non hanno un
valore e la vita, la libertà, la famiglia e l’onore siano pertanto intesi nella
loro incommensurabilità e solo per il possesso di chi ne è parte. Il suffragio
universale preclude allo Stato la possibilità di classificare i cittadini
secondo il censo, per cui la vita e la sua espressione ha lo stesso valore per
tutti. Manca alle attuali istituzioni il carattere di sussidiarietà perché
possano essere loro stesse costituite come fattore di produzione. Ora sono solo
un costo per la fornitura di servizi indefinibili e inefficienti per opera di
una burocrazia devastante.
°°°
Nel modo classico con cui si studia la storia degli
uomini, si giunge a riassumerla iniziando da un’origine e col valutarne il
corso attraverso i modelli esistenziali succedutisi nel tempo per effetto delle
mutazioni generate dagli eventi esogeni, esterni al sistema socio economico.
Lo studio riguarda
gli atti significativi commessi dagli individui per trarre dalla natura le risorse
per sopravvivere e mantenere intatte le peculiarità distintive della specie umana.
Le risorse hanno un duplice connotato: un’identità
corporea che è la materia delle cose che le costituiscono e una matrice immateriale.
Nel loro insieme, formano la scia nella quale si legge che gli atti umani, nel loro
complesso, sono frutto di sapienza che è coscienza, intelletto e conoscenza
insieme.
Insomma, le risorse esistono in quanto usate dall’uomo come artefice!
L’alternarsi dello sviluppo e decadenza delle civiltà, dimostra che una certa concezione deterministica della storia abbia un fondamento logico, ammesso però che ogni storia sia fine a se stessa e riguardi la materialità delle persone e dei gruppi che ne sono protagonisti.
Nel lungo periodo, la storia mostra anche una continua
evoluzione costituita dal fatto che, nel tempo, il benessere dipende sempre
meno dalla fungibilità dei beni materiali che si producono, ma dalle peculiari
risorse che si spiegano nel soddisfacimento dei bisogni immateriali. Segno
importante di quest’andamento evolutivo è la cultura che segna il percorso
delle nostre opere da apprezzare nei loro contorni intellettuali, spirituali ed
estetici e non più per i loro effetti di sola efficienza materiale. Ritengo che
i principi universali astratti di Dio, Patria, Famiglia e Persona siano i
pilastri dell’evoluzione umana e segnino lo sviluppo quando siano unitariamente
intesi e, decadenza, quando l’anello che unisce gli uni agli altri si spezza.
Quando la continuità del corso storico è impedito da
perturbazioni che sono un flusso di eventi che ne rompono la ricorrenza, questi
assumono un carattere di imprevedibilità generando non più accadimenti attesi
con un grado di certezza determinabile, ma un nuovo corso il cui sviluppo non è
prevedibile ma sicuramente diretto a creare un nuovo modello esistenziale
(paradigma) consono al contesto storico ed ambientale modificato.
°°°
I fenomeni non possono essere spiegati all’interno di un
sistema isolato. L'esistenza di Dio non può essere spiegata né dalla teologia,
né dalla filosofia, perché trattasi di verità auto-referenziate non
dimostrabili, come afferma Gödel
nel suo teorema sull’incompletezza in base al quale nessun sistema coerente può essere utilizzato
per dimostrare la sua stessa coerenza.
Nell'ambito dei rispettivi sistemi, queste identità sono
credenze che si trasformano in dogmi o assiomi comportanti atti di fede
sostenuti dalla volontà, dalla ragione e dall’esperienza. San Tommaso Apostolo
c'insegna qualcosa al riguardo: vedendo il costato ferito del Cristo ha
creduto, e quando ha creduto avrebbe anche potuto o voluto continuare a non
credere. Gli egiziani hanno costruito le piramidi prima che Pitagora esponesse
il suo famoso teorema! Occhio ai flussi, alle discontinuità, alle nuove
tendenze che si susseguono nelle fasi di regolarità! Sono Follie,
che, col loro preannunciarsi anche in modo impercettibile, possono darci
potenti segnali sugli sviluppi che il futuro ci riserva.
°°°
Qui desidero significare che la verità scaturisce non
tanto dal fatto che sia vero che San Tommaso Apostolo abbia visto la ferita nel
costato di Cristo, ma dal fatto che l’evento della Morte e Resurrezione di Gesù
Cristo ha generato un corso storico millenario che tutt’ora vive. Il messaggio
evangelico è l’atto d’amore concesso da Dio che ci lascia liberi di scegliere
la via giusta tra le opportunità che offre la vita.
Ai tempi del Trattato di Yalta che divise il mondo in blocchi
ai quali ancora oggi le nazioni sono legate tra loro con i patti NATO, e del
Pacifico in contrapposizione al Trattato di Varsavia, si sosteneva che l'impero
sovietico fosse un colosso dai piedi d'argilla.
Da allora, nel 1989, erano trascorsi quarantaquattro
anni. Crollava il muro di Berlino e chi aveva vissuto i tempi della seconda
guerra mondiale ed era ancora in vita, godeva finalmente la soddisfazione di
vedere realizzata la convinzione che, realmente, il comunismo aveva costruito
un colosso dai piedi d’argilla. Ma non era così! L’Unione Sovietica crollava,
non il comunismo.
Rinnegare Dio, materializzare i sentimenti,
collettivizzare le persone indottrinandole per adattarsi alla società e
vincolandole ad un percorso di vita nel quale nessuna iniziativa individuale
fosse consentita se non programmata dal partito. Questo era il viatico profuso
al posto di una cultura che consentisse a tutti di scegliere la via giusta tra
le opportunità che offre la vita. In società la libertà si realizza solo quando
le persone hanno la prospettiva di essere vincolate solo alla propria coscienza e al
senso di responsabilità.
Ma questa è la prospettiva vincente quando le persone
sono valutate per quel che valgono in relazione al censo. Più guadagni, più
vali. Meno guadagni e più pretendi e questa pretesa fa sorgere diritti
immeritati e la lotta di classe per costituirli. Esiste un contrasto secolare
tra impresa e lavoro sorto dai primi tempi dell’industrializzazione secondo il
paradigma dell’appropriazione della fetta più grossa dal ciclo di produzione,
consumo e risparmio.
Si è formato quindi un contrasto di forze accentuato
dall’eccessiva fiscalità dello Stato per tenere alta la sicurezza sociale, che
si articola tra i detentori del capitale e i lavoratori sindacalizzati. Oggi,
il dissidio tra singolarità nel possesso di capitale e la collettività che
raccoglie la forza lavoro agita ancora i sonni di psicologi, sociologi,
economisti e politici. Forze persistenti contrastano il cambiamento e non si
piegano alla ragione di restituire alle persone l’anima che è fonte generatrice
del bene, quell’anima che potrebbe trasformare il salario in profitto, solo se
ognuno divenisse, sin da quando nasce, imprenditore di sé stesso. E questa
sarebbe la via giusta da seguire ove gli agenti politici offrissero opportunità
al riguardo.
°°°
Ilya Prigogine sembra convinto che si possa arrivare
all’integrazione tra passato e futuro; tuttavia, per ora, dice che siamo fermi alla biologia e tra la sociologia e
la psicologia. Forse nuove scoperte in campo scientifico, porteranno
nuovi elementi per fare previsioni temporali.
Oggi, contentiamoci di ciò che sappiamo già di un futuro con
le potenzialità evolutive positive.
Concludo col dire che, nell’ambito dei rapporti umani, il
fattore deterministico che lega i fatti gli uni agli altri, dà traccia delle
tendenze con tutto il carico di indeterminazione che esse stesse generano per
le loro finalità; mentre il manifestarsi di eventi esogeni, nel loro
intrecciarsi tra correlazioni e discontinuità, deve essere circoscritto in
studi specifici per accertare quanta parte deriva dall’immanente e quanta parte
dal trascendente.
Il problema è da sempre lo stesso, ma l’approccio,
seguendo la metodologia proposta, darà sicuramente interessanti risultati.
Entelechia.
Più sopra ho scritto che, nel lungo periodo, la Storia mostra una continua evoluzione costituita dal fatto che il benessere dipende sempre meno dalla fungibilità dei beni materiali che si producono, ma dalle peculiari risorse che s’impiegano nel soddisfacimento di bisogni immateriali. Addietro ho anche rilevato che, quando la continuità del succedersi dei fatti è impedita da perturbazioni - che sono un flusso di eventi che rompono la ricorrenza del corso storico - gli accadimenti assumono un carattere d’imprevedibilità e generano non più fatti derivanti dal concatenamento di cause ed effetti attesi con certezza ma eventi generanti una dinamica che sfocia in un nuovo corso storico. Lo sviluppo non è determinabile, ma sicuramente si articolerà nel creare un modello esistenziale consono al contesto fisico e ambientale modificato.
Più sopra ho scritto che, nel lungo periodo, la Storia mostra una continua evoluzione costituita dal fatto che il benessere dipende sempre meno dalla fungibilità dei beni materiali che si producono, ma dalle peculiari risorse che s’impiegano nel soddisfacimento di bisogni immateriali. Addietro ho anche rilevato che, quando la continuità del succedersi dei fatti è impedita da perturbazioni - che sono un flusso di eventi che rompono la ricorrenza del corso storico - gli accadimenti assumono un carattere d’imprevedibilità e generano non più fatti derivanti dal concatenamento di cause ed effetti attesi con certezza ma eventi generanti una dinamica che sfocia in un nuovo corso storico. Lo sviluppo non è determinabile, ma sicuramente si articolerà nel creare un modello esistenziale consono al contesto fisico e ambientale modificato.
Ora si tratta di completare il ragionamento e considerare
cosa succede osservando la successione di corsi storici.
°°°
Il termine entelechia fu usato da Aristotele per
designare la sua particolare concezione filosofica di una realtà che ha
iscritta in sé stessa la meta finale verso cui tende a evolversi.
Aristotele parlò di entelechia in contrapposizione alla
teoria platonica delle idee, per indicare come ogni ente si sviluppi da una
causa formale interna a esso, e non da ragioni ideali esterne come affermava
invece Platone che le situava nel cielo iperuranio.
Entelechia è quindi il modo con cui un organismo tende a
realizzare sé stesso secondo leggi proprie, passando dalla potenza all'atto.
E noto come, secondo Aristotele, il divenire si possa
considerare pienamente spiegato quando se ne individuino le sue quattro cause:
causa materiale, causa formale, causa efficiente e causa finale. Per designare
il compimento del fine Aristotele usò appunto il termine entelechia che indica
lo stato di perfezione, di qualcosa che ha raggiunto il suo fine.
In Leibnitz l'entelechia è riferita alla qualità propria
della monade di avere il compimento del proprio fine in sé stessa senza
l'apporto di alcun principio esterno.
In economia, il termine di Fatto entelechiano è stato introdotto
dall'economista Giovanni Demaria
per rendere evidente i fatti nuovi ed esterni che rompono gli equilibri di un
modello econometrico come, ad esempio, gli effetti della terribilità di una
guerra sulla serie dei prezzi rilevati lungo la sua durata. Per i fini che
intendo perseguire con queste mie note, entelechia è il modo con cui una
Civiltà tende a realizzare sé stessa secondo leggi proprie, orientando le sue
potenzialità nel disporre i mezzi per esercitare il pieno dominio sulle risorse
necessarie alla propria emancipazione.
°°°
Il concetto di entelechia applicato alla storia, conduce
a impostare una teoria in base alla quale il succedersi delle civiltà
determinano lenti ma importanti cambiamenti che segnano il passo di continui
miglioramenti della condizione umana che si consegue attraverso lo sfruttamento
delle risorse naturali ed energetiche: queste ultime da considerare bivalenti
nel senso che risultino sia dall’applicare la forza fisica oppure
dall’esercizio di capacità intellettuali atte a surrogare la forza fisica.
Al riguardo osservo che è ragionevole considerare di
elevato grado, una civiltà in cui l’esercizio fisico sia per la maggior parte
applicata a scopo ludico o salutare, mentre la capacità di ricomporre, in forma
associata, le risorse che si consumano sfruttando al meglio le tecnologie apre
l’opportunità di dedicare maggior tempo alle attività di carattere
intellettuale.
°°°
La civiltà è lo sfondo insito in tutte le pagine di
questo libro che si articola in cinque parti.
La civiltà affiora dalla storia e accarezza tutti i
popoli. La civiltà è un concetto astratto che non sussiste senza una
collocazione culturale rintracciabile nella memoria col concorso della ragione.
Di queste parlo nelle prime due parti del libro, in questo volume.
La concretezza di un popolo affiora dall’insieme di
persone che lo compongono e la civiltà ne esprime le sue peculiarità. Anche il
popolo è un concetto astratto, se, attraverso un connotato comune, le persone
che lo compongono non hanno un’identità.
Nella redazione di questo libro parto da me stesso come
Persona, e, col metodo induttivo, scopro che in me c’è un Progetto. Come me,
anche l’Altro ha un Progetto. Poi osservo che più Persone si associano per
condividere un progetto comune. Infine, desumo che occorra condurre il progetto
delle singole persone canalizzando gli interessi comuni in un profilo
esistenziale: ecco dunque la seconda e la terza parte, nel secondo volume,
costituite da Il Progetto personale e Il Progetto sociale.
Profili e Regimi nell’era contemporanea e la
raffigurazione di un Regime della consapevolezza, terminano la mia fatica.
[1]
Nel senso del come si deve fare
per. Non si deve fare e basta. Si
tratta di obbligazioni senza dogmi.
* Direttore dell’International Institute Solvay di Bruxelles - Premio Nobel per la Chimica nel 1977)
**Da pag. 26 a pag. 36 di P. Bondanini (pibond)- Oltre il tempo - Uomo e Persona TiPubblic.
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