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  Sul dilemma tra necessità e possibilità, ritengo sia determinante l'intervento di Ilya Prigogine, laddove, nella processualità...

21 marzo 2019

Dissoluzione


The Last Sleep of Arthur in Avalondi Edward Burne-Jones

Il 28 febbraio 2012 riportavo, in questo mio blog, il dialogo tra me e Corona di Ferro sul tema "Cupio dissolvi" proposto da "Il Legno storto", testata online di orientamento liberale che ospitava post e articoli tratti dai giornali e dalla rete internet. 
Fu un sito spavaldo, ironico, talvolta polemico e quando, però, uscirono due pezzi in cui venivano criticati due magistrati famosi, questo dovette ingloriosamente chiudere. Due furono le mie risposte ad un commento di Corona di Ferro al tema trattato da un articolo di Magdi C. Allan pubblicato su "Il Giornale" otto giorni prima, a pag. 14, dal titolo "Criticare l’Islam è proibito. Difendere l’Europa pure". 
Purtroppo la chiusura del giornale non mi consentì di proseguire il discorso e di proporre altre argomentazioni che, di fatto, seguiranno la seconda.
I - Cupio dissolvi. Nessuna società nasce e cresce se, all'origine, non c'è una credenza condivisa; in altre parole, un'idea comune per condurre l'esistenza.
Kant, che ben sapeva queste cose, amava la buona tavola e usava complimentarsi con le signore per ottenerne il favore, sentì l'obbligo d'inventarsi, a copertura dei vizi borghesi, l'imperativo categorico, fonte dell'ipocrisia moderna culminata col puritanesimo. Per me, la dissoluzione non va indirizzata all'islamismo che sta avvicinandosi dolorosamente, anche per noi, alla società moderna, ma a questa nostra società che pone il valore solo là dove c'è il piacere che vanifica la nostra coscienza alla perenne ricerca di una misura esistenziale immanente.
Formulo la proposta di ripartire dall’umanesimo proprio per percorrere una via che non cancella l’universalità delle conoscenze acquisite in questi ultimi secoli, ma conduce a gestirle consapevolmente riconsiderando l'essenzialità dello spirito che muove ogni azione umana.
La religione (Dio), la morale (il bene) e l’estetica (il bello) sono l’essenza stessa della nostra vita, da escludere dall’eccessiva considerazione utilitaristica e venale che, al riguardo, oggi tendiamo a concepire.
Le condotte fuori dal campo di questi sentimenti, riducono l’uomo ad esser bestia che depreda in ogni dove per procurarsi solo piacere, tra i quali, il peggiore, appunto: il cupio dissolvi.
Di Kant – pur considerandolo molto legato al suo tempo – ritengo valida la sua regola di vita:
« Due cose hanno soddisfatto la mia mente con nuova e crescente ammirazione e soggezione e hanno occupato persistentemente il mio pensiero: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me.*» (Epitaffio sulla sua tomba, a Koenigsberg)
L'enunciato è spirituale e tale va considerato, perché, nell’immanente, vale solo la legge del divenire, scandito dal tempo e dal manifestarsi dei fenomeni naturali, compreso quelli creati per causa del nostro esserci in modo diacronico.
II - Cupio detrimentum sarcire. ... e così trasferiamo il bene e il bello in sé, in una forma di compiacimento carnale. L’opera dell’uomo libero che ricrea la natura attraverso il movimento, la luce e il suono, ci permette di apprezzare la nostra fisicità senza trascurare, anzi, coltivando lo spirito, per risolvere il problema del bene considerato nella singolarità della persona che, pur sempre, dovrà mediare la propria libertà per sostenere il peso della socialità, a meno che non desideri vivere in solitudine come suggerisce la filosofia orientale che tende a qualificarsi, attraverso la metempsicosi, come religione della rinascita.

Col ripartire dallo umanesimo, desidero appunto significare che occorre aprirsi verso un altro orizzonte: all’equilibrio psicologico e sociale che si consegue attraverso la propagazione della consapevolezza del nostro vivere insieme. 
Non si tratta né di religione, né di filosofia, ma di uno sforzo unitario perché si dispongano - in loco inteso come sfera spaziale e temporale dei propri interessi - le risorse per il benessere di tutti e per la felicità che ognuno pensa di realizzare per se stesso.
Il liberalismo appaga l’individuo; il socialismo appaga la collettività! Il livello raggiunto dalle nostre conoscenze interagenti tra queste due correnti politiche sulla scia del progresso scientifico e tecnologico, ci consente - finalmente e senza fronzoli ideologici - di immaginare una società libera di persone come l'habitat per cittadini di tutto il mondo: Cultura del bene, del bello e del buono formano il quadro deontologico per risarcire e annientare gli effetti del male, del brutto e del cattivo che il progresso, avanzando indistintamente da ambo le parti, colpisce, distrugge e sporca!

III - Liberum esse cupio aquam. La verità è sottintesa ed è unica perché non sarebbe verità. Si parla di fede in qualcosa che si possiede; in qualcosa di comune a tutti, spinti a formare un'idea per il progetto da condividere. Trattasi di idea che non necessita di ragione: diventa verità dal momento della sua condivisione, ovvero quando tutti agiscono secondo comunanza d’intenti.
Ma come si enuncia una verità? Ne occorrerebbe una sola dalla quale dedurre tutte le altre, procedendo con lo spulciare il vello dal quale trarre tutto ciò che non sia pelo. 
In concreto, occorre separare dalla sfera del diritto i grandi temi ontologici della religione, dell'esoterismo e della filosofia per ricomprenderli nell'articolazione delle libertà positive che si realizzano in quelle di espressione secondo riti, manifestazioni ed eventi propri del paradigma culturale storicamente vissuto e delle libertà negative da individuarsi tra quelle che si oppongono al disagio per consentire di progettare la propria esistenza sul percorso delle opportunità condivise tra i membri della comunità umana. Il tutto nella consapevolezza che alla base della dignità individuale stanno i bisogni primari di cibo, tetto, scuola, occupazione e tempo libero. Cibo, tetto e scuola si integrano nella famiglia e la famiglia nella Comunità attorno al Bene comune.


IV - Ut diaphanum aqua cupio*** - Zygmunt Bauman morì a Leeds 9 gennaio 2017, lasciando ai posteri questo messaggio: 
"La storia umana ricorda un pendolo, piuttosto che una linea retta. Io preferirei desistere dalla tentazione di generalizzare la questione sulle tendenze dì un anno... ll futuro è noto proprio perché gioca brutti scherzi nel suo cammino verso il presente. Vaclav Havel, che ha dedicato tutta la sua vita a deviare la storia dalle sue tracce apparentemente presumibilmente indefettibili, ha riassunto la sua lunga esperienza di vita, concludendo che, al fine di prevedere un futuro si ha bisogno di sapere quali canzoni la nazione è disposta a cantare. Ma aggiunse subito: il problema è che non c'è modo di indovinare quali canzoni la nazione sarà disposta a cantare l'anno prossimo. Io controfirmo questo verdetto."
Ai tempi di Vico - che confondeva la natura della Persona con la Persona stessa - si riteneva che l'uomo*** non cambiasse mai, come Pinocchio che ripeteva sempre gli stessi errori. Il cambiamento non era molto riconoscibile (allora l'aratro era ancora trascinato dai buoi); oggi, invece, le cose cambiano con l'aver scoperto che la persona, pur rimanendo da sempre sé stessa, può migliorare l’efficienza delle proprie azioni facendosi coinvolgere nella concretezza dell'assimilazione del progresso che trae origine dalla sinergia tra la globalità delle conoscenze con la capillarità del circuito delle informazioni in ogni luogo e tempo, per giungere a coinvolgere chi si trovi indifferentemente al Paese dei Balocchi, nel ventre della Balena o durante la cena per la Conferenza dei Capi di Stato.
Tanto il pendolo di Vico, quanto quello di Bauman, presentano gli stessi effetti dell'andamento sinusoidale sulla retta dello sviluppo civile rispetto alle risorse umane e materiali accessibili per attuarlo, tenendo peraltro presente che tale retta è ascendente solo quando lo sforzo congiunto degli individui, considerati tutti come soggetti attivi, agiscano anche come oggetti passivi sul tracciato di un progetto comune.
Successivamente a Vico, Vilfredo Pareto ebbe ad osservare che la coesione sociale è in gran parte determinata dal controllo sugli istinti sollevati dai sensi, secondo una sequenza che si avvia dal momento della percezione dello stimolo per concludersi con la generazione dell’impulso ad agire.
E sono appunto queste forze che vanno considerate per operare l'allineamento delle azioni degli uomini che si manifestano sul circuito sociale, così come lo ha osservato Pareto stesso; e ciò ci porterà a comprendere che le forme politiche esistenti potranno confluire in altre da progettare col fine di costruire nuovi paradigmi esistenziali aderenti ai principi di libertà rispetto a quelli ora cristallizzati nelle ideologie correnti che ancora pongono la libertà alla mercé dei diritti. 
Ma, prima, occorre rispondere alla domanda: Come possiamo pulirci nell'acqua sporca se, allo stesso tempo continuiamo a sporcarla?

V - Cupio solve - Dal vocabolario Treccani leggo:
"L'espressione Cupio dissolvi ‹kùpio ...› locuz. lat. (propr. «desiderio d’essere dissolto») ha la sua origine in san Paolo, il quale nella 1a lettera ai Filippesi scrive, secondo il testo della Vulgata, desiderium habens dissolvi et cum Christo esse, traduz. letterale del gr. τὴν ἐπιϑυμίαν ἔχων εἰς τὸ ἀναλῦσαι καὶ σὺν Χριστῷ εἶναι: dove dissolvi e ἀναλῦσαι esprimono il concetto dello scioglimento dell’anima dal corpo e quindi della morte. La frase ritorna con frequenza nella patristica latina, come citazione diretta o come reminiscenza, anche con varianti formali, tra le quali predomina appunto quella stabilizzatasi nell’uso come cupio dissolvi ecc., che in questa forma risale con molta probabilità a versioni bibliche anteriori alla Vulgata (cfr. infatti Tertulliano, De patientia 9, 5: «Cupio dissolvi et esse cum Christo, dicit Apostolus»). Col tempo però il senso originario di cupio dissolvi si è via via trasformato, per indicare in genere un desiderio di mistico annientamento in Cristo, e il motto è stato assunto a simbolo di aspirazione a una vita ascetica, di rinuncia alla propria personalità, e successivamente adattato anche ad accezioni e usi più laici e profani, esprimendo, a seconda dei casi, rifiuto dell’esistenza, desiderio di estenuazione, volontà masochistica di autodistruzione, e sim."
Ecco quindi che la dissoluzione può essere intesa sia come liberazione dell'anima dal corpo, sia come liberazione del corpo dall'anima. In ogni caso si determina una forma di de umanizzazione con il distacco dell'anima dal momento che lascia il corpo, in un processo in cui la vita non sembra avere un ruolo determinante.
Infatti, quando l'anima si dissolve nel corpo in una forma di partecipazione consumistica del corpo, la personalità svanisce col danno indotto dallo squilibrio che produce nel rompere il rapporto tra risorse e prodotto conducendo l'intero corpo sociale a dissolversi in un ingorgo entropico. Al contrario, quando l'anima s'infonde nel corpo, quest'ultimo regola il rapporto in modo che il processo produttivo sia regolato in modo che il consumo non superi la soglia della suo rigenerarsi. 
Il problema sta nel fatto che l'anima umana è propria dell'individuo e non della collettività. Perché aleggi lo spirito della consapevolezza occorre che tutte le anime del corpo sociale generino impulsi sulla natura e sull'ambiente in un concerto in cui ogni singola persona sappia coniugare in senso armonico il proprio potere col volere, nel contesto di libertà compatibili con il mantenimento dell'equilibrio sociale. 
L’Equilibrio sociale può essere rappresentato dall’espressione (Es) come risultante del concatenamento degli effetti nascenti dal contesto storico (Cs), sullo sviluppo delle forze (Ps) attivante il generatore d’impulsi (Gf)****.
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* A chiarimento così scrive l'autore nell'opera citata: «Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente, fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La prima comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo, a una grandezza interminabile con mondi e mondi, e sistemi di sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del loro principio e della loro durata. La seconda comincia dal mio io indivisibile, dalla mia personalità, e mi rappresenta in un mondo che ha la vera in finitezza, ma che solo l’intelletto può penetrare, e con cui (ma perciò anche in pari tempo con tutti quei mondi visibili) io mi riconosco in una connessione non, come là, semplicemente accidentale, ma universale e necessaria. Il primo spettacolo di una quantità innumerevoli di mondi annulla affatto la mia importanza di creatura animale che deve restituire nuovamente al pianeta (un semplice punto nell’universo) la materia del quale si formò, dopo essere stata provvista per qualche tempo ( e non si sa come ) della forza vitale. Il secondo, invece, eleva infinitamente il mio valore, come [valore] di una intelligenza, mediante la mia personalità in cui la legge morale mi manifesta una vita indipendente dall’animalità e anche dall’intero mondo sensibile, almeno per quanto si può riferire dalla determinazione conforme ai fini della mia esistenza mediante questa legge: la quale determinazione non è ristretta alle condizioni e ai limiti di questa vita, ma si estende all’infinito.» Kant, Critica della ragion pratica, Bari 1982, pp. 197-198 (Akademie Ausgabe V, 161). [Da Wikipedia]

** Zygmunt Bauman – Futuro liquido. Società, uomo, politica e filosofia (a cura di Emma Palese – 2014 – Albo Versorio

*** Benedetto Croce ebbe a sostenere un concetto analogo che penso di scoprire in questo brano: (...) E il filosofo del tempo nostro, voglia o non voglia, non può saltar fuori dalle condizioni storiche in cui vive, o fare che ciò ch'è avvenuto prima di lui non sia avvenuto: quegli avvenimenti sono nelle sue ossa, nella sua carne e nel suo sangue, e deve tenerne conto, cioè conoscerli storicamente; e, secondo l'ampiezza in cui si estende questa sua conoscenza storica, si estende l'ampiezza della sua filosofia. Se non li conoscesse, e li portasse solamente in sé come fatti di vita, sarebbe in condizioni non diverse da un qualsiasi animale. (...) CROCE, Logica come scienza del concetto puro, Laterza, Bari 1971, pp. 185

**** Seguire le formule con lo sguardo sulla Tabella B.
“<->” = interattività;
à = sequenza irreversibile
--&gt;

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