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Risonanza, biforcazioni e fluttuazioni

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22 aprile 2012

Il Manifesto di Norcia

La Persona sia destinataria di una maggiore attenzione antropologica orientando le scelte oltre che sugli interessi economici, anche su quelle che coinvolgono la psicologia e la sociologia.

In questi giorni, in cui sembra che ci siano avvisaglie di cambiamenti nel quadro dei rapporti politici tra partiti che sostengono il governo e quelli all’opposizione, desidero mettere per iscritto alcuni tra i miei pensieri che ritengo più urgenti per essere presi in considerazione contro l’affanno nel riagganciare la linea di ripresa economica e sociale, e per vedere luce in fondo al tunnel dove il debito pubblico sembra correre in continua accelerazione.

Mettiamoci in testa che l’affanno non è solo di noi italiani, ma dell'intero sistema politico sociale occidentale che soffre di squilibri che sembrano insanabili. I rimedi messi in atto dai governi non riducono ma aumentano la protesta che nasce da noi tutti. Siamo diventati, da proletari, ex proletari, perché la prosperità che sorgeva dal mettere al mondo figli, la vediamo ora svanire con la famiglia che ha cessato di essere un traguardo possibile per i progetti di vita dei nostri giovani. 
Esistiamo solo per il mercato e per consumare le merci. In tutto dipendiamo dai prodotti del debito pubblico, sicché, vedendo restringersi il nostro orizzonte in un’attività di soli acquisti e pagamenti, stiamo perdendo il nesso esistente tra la finalità dei nostri progetti - che restano sogni - e la possibilità insita negli atti che compiamo nell’attuarli. Ormai governanti e sudditi (ex cittadini) sono consapevoli che, solo a pagare, sia rimasto Pantalone e cioè i tartassati di sempre ormai consci che la sorte li abbia colpiti nel dover assumere questo ruolo ingrato e ripagato con la beffa di vedersi rappresentato anche come parassita (Gli imprenditori suicidi per crediti non riscossi dell’Agenzia delle entrate). 
C’è un rimedio! Noi - italiani – iniziamo un nuovo percorso più facile che ad altri che credono di avere meno problemi. Da noi, specie nel sud, il senso della famiglia esiste ancora e questo senso sarà l’ancora della nostra salvezza. 
Ciò che si produce all’interno della famiglia, non ha un costo monetario e riprodurre in famiglia ciò che ora compriamo, sarebbe già un primo passo per mantenere alto il valore della moneta e facendo diminuire i prezzi al consumo di qualche punto. 
Il disagio economico quando tocca i generi di prima necessità diffonde la paura e porta alla disgregazione sociale. Ora, nel nostro paese, i generi di prima necessità sono abbondanti e non c’è ragione per cui si debba pensare che succeda la guerra del pane come, più volte successe in Tunisia. 
I nostri governanti, nel muovere le costanti e le variabili nell’assumere le loro decisioni, debbono abbandonare il PIL come unico fattore determinante per valutare l’efficacia dei loro atti, ma assumere nuovi indici nei quali non più Pantalone venga considerato il cittadino pagatore integerrimo, ma la Persona sia destinataria di una maggiore attenzione antropologica orientando le scelte oltre che sugli interessi economici, anche su quelle che coinvolgono la psicologia e la sociologia.
Occorre quindi recuperare il principio che la famiglia sia considerata una molecola e che la persona, concepita come essere unico e irripetibile, sia l’atomo essenziale al funzionamento della società. 
Il tutto questo è esposto nel Manifesto di Norcia: http://www.loccidentale.it/node/110578.

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