Carlo Rosselli |
Associo il Gruppo sociale alla fisicità degli
elementi che lo costituiscono che sono l’insieme d’individui che camminano in
piazza, tra i quali, nessuno fa mostra di sé e, disgiuntamente, l’uno dall’altro,
tutti non mostrano di avere cognizione logica di ciò che fanno.
Sezionare i Gruppi in
base al modo di apparire significa costruire mostruose falsità che conducono a processi di scomposizione e di
compattamento che conducono a enunciare quelle teorie fondate su fatti deformati, tanto disprezzate da Pareto.
L’uomo in società è il
contenuto della Piazza, una realtà
immutabile che si mantiene indivisa e si ricompone continuamente per effetto
degli sconquassi causati dalle Follie.
Libertà
L’uomo in piazza vive nell’immanente; nella Coscienza di costui come persona c’è un trascendente che accomuna tutti con l’idea di tenersi uniti per qualcosa. La Libertà di essere nella Piazza si manifesta come un Bisogno primordiale per soddisfare il quale c’è un prezzo in termini di vincoli che sono il corrispettivo per l’Essere nella Piazza.
L’uomo in piazza è la Persona che interagisce solo per questa Libertà, e la struttura sociale si forma purché
il suo ambito negoziabile non sia corrotto da diritti invasivi di natura
collettiva che presuppongono doveri corrispettivi non richiesti.
Lo Stato quale lo osserviamo oggi, è creatore di questi diritti; induce a considerare, come prioritari, sentimenti che esulano dalla sfera personale e famigliare e, attraverso un intreccio di diritti e doveri, sottomette le scelte della persona al vincolo di uguaglianza e di solidarietà, sicché la libertà sia indotta a divenire essa stessa un diritto. Affermare che la libertà sia un diritto, è già uccidere la libertà. Il sentimento del diritto nasce non dalla libertà ma esclusivamente dai vincoli connessi al tessuto sociale. Si nasce liberi. Non si nasce col diritto di essere liberi!
Lo Stato quale lo osserviamo oggi, è creatore di questi diritti; induce a considerare, come prioritari, sentimenti che esulano dalla sfera personale e famigliare e, attraverso un intreccio di diritti e doveri, sottomette le scelte della persona al vincolo di uguaglianza e di solidarietà, sicché la libertà sia indotta a divenire essa stessa un diritto. Affermare che la libertà sia un diritto, è già uccidere la libertà. Il sentimento del diritto nasce non dalla libertà ma esclusivamente dai vincoli connessi al tessuto sociale. Si nasce liberi. Non si nasce col diritto di essere liberi!
Se ho diritto, di
essere libero, vuol dire che la mia libertà è strutturata secondo norme
giuridiche che esulano dalla deontologia e, allo stesso tempo, la modifica a
tal punto, che gli atti stessi, anche quelli senza rilevanza sociale, non siano
più il prodotto di scelte personali ma forzature che offendono l’autonomia
operativa che costituisce il motore dell’autodeterminazione.
In sostanza,
nell’immanente, il costo sociale
della libertà è rappresentato dai vincoli che i soggetti riuniti in società
sono disposti o costretti a sopportare per la conduzione dell’esistenza. Nel
trascendente, c’è tutto il resto: la persona e la sua esistenza, e, senza alcun
vincolo, la libertà, mancando la quale subentra la paura.
Questa Verità è il primo assioma che regge il
paradigma dell’esistenza della persona nella società.
Proprietà
Il secondo assioma interessa i vincoli che gravano sulla proprietà dei beni e dei mezzi per
produrli. A mio parere, a questo paradigma, si contrappone la Falsità di chi vuol costituire e reggere
la società diversamente, come assicurare il benessere distribuendo ad
altri i beni di chi già li possiede, col protesto di costruire una fantomatica
e impossibile giustizia sociale che in realtà porta solo vantaggi a chi vuole
di più solo per sé.
Questo errore nasce
dal non credere che, giusta o ingiusta la ridistribuzione dei beni, quando ci sia abbondanza di beni, togliere agli uni per dare agli altri, oltre
che ingiusto, compromette la possibilità di produrne in modo sufficiente per
tutti.
Il classismo nasce dall’erroneo convincimento che la ricchezza sia un
male e che debba essere distrutta. In realtà la ricchezza è un bene: il male lo
fa il ricco che spende male e lo fa anche il povero quando spreca quel poco che
ha!
Togliere all’uno per
dare agli altri al fine di conseguire un maggior benessere, è quindi una delle
tante Falsità che alcuni enunciano
come Verità sulla quale pretendono di
attuare un progetto politico.
La proprietà nasce dal
sentimento inviolabile di possesso di tutto ciò che si fa, si produce e si
dispone. Questo sentimento coinvolge la libertà di negoziare ciò che si
dispone, violata la quale si sconvolgono gli assetti individuali che costituiscono
le basi per il soddisfacimento del bisogno sin, dal non esserne più liberi, ma
vincolati.
Questa Verità è il secondo assioma che regge il
paradigma della libertà di possesso e conseguente svincolo dal bisogno.
Cultura
Più sopra ho
richiamato, oltre al lavoro che, nella sua più larga accessione, garantisce il
sostentamento di tutti i componenti del gruppo, anche l'istruzione e, al riguardo,
un’altra grave falsità pesa sul nostro vivere civile! Molto grave perché
riguarda la vita delle future generazioni: quella che induce a equivocare sugli
stessi concetti di conoscenza, cultura, istruzione e insegnamento sorretti
dalla libertà di culto e di parola.
Si vorrebbe sostenere
che l’organo atto a presiedere alla cultura debba avere natura pubblica
limitando l’offerta esclusivamente a ciò che i diversi organi dello stato siano
in grado gestire. In realtà, col termine pubblico,
si dovrebbe intendere un sistema culturale aperto e a disposizione di tutti
indipendentemente dall’essere di origine pubblica o privata. Ad esempio, che il
sistema scolastico sia di proprietà
pubblica o privata non ha nessuna importanza, purché l’istituzione sia
efficiente e risponda a principi uniformi d’insegnamento in materia di cultura civica e linguistica.
Invece, si vorrebbe uniformare
la cultura a certi standard ideologici in modo che la scuola e tutte le
istituzioni culturali diventino strutture burocratiche e veicoli d’indottrinamento.
La Cultura deve vivere
e prosperare sotto forma di offerta incondizionata dai vincoli politici,
giuridici, sociali ed economici; deve peraltro sottostare all’etica che gli
operatori e i fruitori considerano essenziali al vivere civile e, più in
generale, al rispetto della libertà di tutti.
Questa Verità è il terzo assioma che regge il paradigma della libertà
di parola e di culto.
°°°
La Verità nasce dalla Fede e
dall’Esperienza: talvolta
l’esperienza conferma l’esattezza di una teoria; talvolta l’esperienza non
produce una teoria ma risultati che, nell’insieme, formano un ragionevole convincimento per le parti
la cui sperimentabilità non sia affidabile. Mi pare il caso di ripetere che la
maggior parte degli atti umani non può reggersi su Verità parziali, ma solo su Ragionevoli
convincimenti secondo le conoscenze e le esperienze acquisite.
Al riguardo, la Comune fede condivisa è capace di
assimilare il cambiamento, aggiornando i modi comportamentali, senza stravolgere i parametri Veri precostituiti e propri del
progetto originario.
Senza una guida
unitaria sorgente dai valori tradizionali s’infligge un danno alla propria e
alle generazioni future e si tocca la nostra stessa libertà di vivere. Uno per
uno, i guasti si creano quando si crede
di alleviare un disagio sociale attraverso pesanti interventi nei rapporti
interpersonali che devono sussistere solidi nel rispetto delle istituzioni di
riferimento per la promozione umana.
Qui ne faccio solo
un’elencazione citando le false convinzioni che ne sono alla base:
1. Credere
che il divorzio sia risolutivo per i problemi di coppia. In realtà si
distruggono le famiglie per formarne altre sulle quali potrebbero gravare nuovi
divorzi.
2. Credere
che il controllo delle nascite sia risolutivo per stabilire l’equilibrio
demografico. In realtà si rischia di realizzare dei gap generazionali
preoccupanti, come lo dimostrano i casi nella Cina.
3. Credere
che la libertà si consegua dall’eguaglianza. Le cosiddette pari opportunità,
considerate come un diritto, sono un’arma a doppio taglio perché l’uguaglianza
si ottiene solo per ciò che si è capaci di fare e non perché una persona è uomo
o donna, oppure perché è diversamente abile. In realtà, si costituisce una
sorta di diritto dell’incapace,
quando invece, in una società ben strutturata tutti dovrebbero godere delle
opportunità appropriate per le corrispettive capacità reali.
°°°
Non è qui che voglio
dilungarmi per rappresentare come operare l’integrazione dei Convincimenti immutabili nelle persone
che subiscono grandi cambiamenti nelle loro abitudini di vita. Ho tuttavia
sollevato la questione per sottolineare quanto sia importante il rapporto Verità-Fede che si regge solo su una
tautologia: Non c’è Verità senza Fede e
non c’è Fede senza Verità.
La Convinzione di non poter disporre niente di diverso per agire
correttamente, ci porta a essere convinti che tutto ciò che la contrasti la Fede sia falso. Essa è sola nel
sorreggere ogni azione che l’uomo voglia intraprendere. Ciò è spiegato in modo
magistrale nel primo versetto al Capitolo
Undici della Lettera agli Ebrei:
La fede è un modo di
possedere già le cose che si sperano, di conoscere già le cose che non si
vedono.
Non si parla di Verità! La Verità è sottintesa ed è unica perché non sarebbe Verità. Si parla di Fede in qualcosa che si possiede; in qualcosa di comune a tutti,
spinti a formare un'Idea per il
progetto da condividere. Trattasi di Idea
che non ha bisogno di Ragione:
diventa Verità dal momento della sua
condivisione ovvero quando tutti
agiscono secondo comunanza d’intenti.
°°°
Con quanto detto,
intendo sostenere che il Modello sociale
- perché sia attuabile - deve reggersi sull’Idea
- obiettivo condivisa e insita nel Paradigma
nel quale la società intera è coinvolta. I governanti cercano di plasmare la Gente secondo questi modelli, ma hanno
difficoltà ad attuarli per un ammanco di consenso!
-->
Nessun commento:
Posta un commento