Avevo 13 anni. Un motocarro passa sotto casa dove abitavo
con la mia famiglia. Un ex partigiano, in piedi sul pianale, annuncia, dal
megafono, che alle 16 sarebbe stata distribuita, lungo il Corso della Giovecca,
la copia della Costituzione secondo il testo appena approvato nell’ultima
seduta dell’Assemblea. All’ora prevista, mi recai sul posto. Con qualche
ritardo e intrufolandomi nella ressa, riuscii ad averne una copia. Portai
a casa questa primizia e, dopo cena, con Papà e mio fratello, si iniziò leggere la Costituzione. La lettura non andò oltre l'articolo 1.
Il testo risultava diverso da quello del progetto
originario quale fu presentato dalla Commissione per la Costituzione alla
Presidenza dell’Assemblea Costituente il 31 gennaio 1947 che recitava:
Dal testo traspariva l’esclusione degli imprenditori,
degli artigiani, dei commercianti e degli esercenti le libere professioni che
avrebbero invece dovuto rientrare nella categoria dei lavoratori - pena la loro "non partecipazione" effettiva …
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Si era
passati a fondare la Repubblica solo sul lavoro, spogliando il cittadino della
sua propria personalità di lavoratore e riducendolo a produrre, in modo coatto, sulla base di pianificazioni
economiche e sociali.
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