Post in corso di aggiornamento per effetto della scoperta di una amicizia ignota e tenuta segreta da 60 anni tra Antonio Gramsci e Piero Sraffa(*).
Milano Expo 2016 - L'Albero della vita |
Parlare di Bene comune, oggi, significa ricercare dove sono gli attuali assetti proprietari pubblici e privati. Tra le tutele previste dalla Costituzione che prima protegge il bene pubblico e poi il bene privato, già si dispone dello sfondo per rappresentare la scena in cui personaggi grigi ed evanescenti coniugano i verbi dare, avere, ideare, creare fare e costruire pilastri sui quali poggiano la vita delle nostre tre generazioni che abitano sul territorio italiano: nonni, padri e figli.
Si sa che il senso civico di una popolazione si riconosce
dal livello culturale potenzialmente acquisibile dalla scuola.
Ebbene, qui, nello Stato
Nazione - Italia, la scuola è pubblica perché è accessibile a tutti
indipendentemente dall’essere pubblica o privata. Così dovrebbe essere.
Invece,
è pubblica se è gestita:
- quella primaria, dal Comune o dagli istituti religiosi;
- quella media, superiore e università, dallo MIUR di concerto con il Ministero dell’Economia. Lo stipendio ai professori è pagato dal Ministero dell’Economia come ai pensionati dell’Inps, ai poliziotti alle Guardie carcerarie, ecc. Gli Uffjci scolastici regionali e provinciali hanno mere funzioni burocratiche e ispettive. Le scuole private sono diplomifici.
I Capi d’Istituto operano come i sergenti in caserma e i
professori come soldati di truppa e come tali sono trattati da studenti e
genitori. Non è meglio altrove come in USA dove Trump si gioca la briscola per
armare gli insegnanti; ora, ovunque, l’andazzo sta andando oltre i limiti di
sopportazione.
Ciò premesso, ecco il bene comune.
Il Bene comune è la dote che, in termini attuali e potenziali, ogni componente della Comunità apporta per la soddisfazione dei bisogni primari di cibo, di casa, di scuola, di salute, di occupazione e di tempo libero. (anonimo)
Qui sta il peggio. Gran discorsi sull’istruzione che è
gratuita e sull’acqua che non è di nessuno, ma guai a pagare le tasse
universitarie e il trasporto dell’acqua dalla fonte all’abitazione.
Chi paga gli insegnanti e il trasporto dell’acqua?
Entrambi costano per costruire infrastrutture e strutture di base, per la
manutenzione delle stesse e per la gestione delle risorse umane e tecniche.
Chi si cura di questi aspetti, che, tradotti in termini reali,
formano, nell’insieme, il Bene comune?
In termini tecnici, oggi, i responsabili non sono persone fisiche, ma persone giuridiche,
quali gli Enti locali sui quali la legge fa ricadere la responsabilità
gestionale, civile e penale attraverso i TAR.
Ma la responsabilità personale
fisica su chi ricade se non, in primis, sull’attore, che prima di essere
giudicato, deve avere la copertura morale per non esserlo, poi, a cose fatte, poter rispondere degli atti altrui? La responsabilità richiede che il soggetto abbia autonomia sufficiente per accedere
alle risorse materiali ed umane disponibili già nella comunità di appartenenza.
Il sindaco, ad esempio, risponde solo per gli atti suoi, e la comunità tutta si dovrebbe dar
carico di punire chi trasgredisce perché manifesta comportamenti incoerenti e/o e palesanti ignoranza.
Nella nostra bene amata Nazione chi decade e chi subentra?
Chi esce è realmente responsabile degli atti suoi o
ha agito sotto la copertura che gli hanno dato e gli continueranno a dare i
cittadini cui gli hanno fatto carico della vincita di un appalto o di un concorso per
una inestricabile interdipendenza tra atti e in atti pregressi, correnti
e futuri?
Perché accadono cose ignobili nel nostro Paese? Come è
possibile che si sia raggiunto tale livello di bassezza intellettuale e morale?
Colpa di chi si raccomanda o di chi raccomanda?
Di nessuno
perché tutti viviamo in organismi retti da sole regole politiche che coniugano
verbo ricattare alla mercé di tecnici dotati di competenze intellettualmente
impegnative ma ristrette al solo ambito dell’applicazione sulla quale sono capaci
di operare.
E il ricatto abita nella forma di Stato come quello
italiano, esageratamente grande e come tale ingestibile, ad iniziare dal regime
fiscale esoso e progressivo per non indurre il cittadino alla elusione e alla
trasgressione.
[In corso di inserimento un cenno all'imposta piatta trattata in questo link, a al reddito di cittadinanza che tratterò in un post che conclude un percorso storico iniziato con la Costituente nata dal Referendum del 1946, cha passa per l'uccisione di Aldo Moro e approda in questi giorni in cui osserviamo che l'economia non è scienza ma solo si tratta di un'applicazione come le tante che abbiamo sul telefonino]
[In corso di inserimento un cenno all'imposta piatta trattata in questo link, a al reddito di cittadinanza che tratterò in un post che conclude un percorso storico iniziato con la Costituente nata dal Referendum del 1946, cha passa per l'uccisione di Aldo Moro e approda in questi giorni in cui osserviamo che l'economia non è scienza ma solo si tratta di un'applicazione come le tante che abbiamo sul telefonino]
(*) Il messaggio contenuto nella bottiglia)
"La critica alla teoria neoclassica del valore e della distribuzione è stata sviluppata a partire dal dibattito sul concetto di capitale, sulla funzione aggregata di produzione e sul ritorno delle tecniche in seguito alla ricezione di Produzione di merci a mezzo di merci (1960) di Piero Sraffa.
In questo libro schematico ed enigmatico si dimostra, in un centinaio di pagine, l’impossibilità di concepire il capitale come una merce, di cui il profitto possa essere considerato il prezzo, essendo il capitale in realtà un insieme di mezzi di produzione eterogenei. Da ciò consegue che il capitale non può essere dato, cioè misurato in termini di valore, indipendentemente dalla determinazione dei valori delle merci che lo costituiscono e anteriormente ad essa. Se questo non è possibile, allora non è possibile nemmeno misurare il prodotto marginale del capitale, e nemmeno quello del lavoro. Pertanto non esiste la possibilità di risolvere il problema distributivo adottando l’impianto marginalista, che calcola il profitto e il salario d’equilibrio proprio sulla base dei prodotti marginali di capitale e lavoro. Ne deriva che la divina armonia distributiva sancita dai neoclassici non è dimostrabile: non esiste quindi nessun livello “naturale” del salario, e di conseguenza nessuna configurazione distributiva del prodotto sociale d’equilibrio. Esistono invece limiti alquanto ampi entro i quali le quote distributive possono variare, ed entro tali limiti la situazione viene determinata in primo luogo dalle influenze storiche esercitate gradualmente dalle forze sociali e politiche." Piero Sraffa.
Al riguardo Giovanni Demaria concepì i Fatti entelechiani prelevandoli dalla filosofia aristotelica e il Fattore di propagazione economica. Io aggiungo sociale.
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Chi si prende la briga di continuare questa storia dello stento per terminarla con ... e vissero uniti e consapevoli per secoli e secoli?
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