In questo
passaggio, sostituisco la parola "capitale" con "spazio e
tempo"; "lavoro e impresa" con con "occupazione".
La "terra" è la fonte di produzione rinnovabile.
Nella manifattura, lo "spazio è l’area su cui giace l’insediamento industriale con le relative attrezzature"; "il tempo è il potenziale efficiente in termini creativi, intellettuali e fisici della risorsa umana.
Nella manifattura, lo "spazio è l’area su cui giace l’insediamento industriale con le relative attrezzature"; "il tempo è il potenziale efficiente in termini creativi, intellettuali e fisici della risorsa umana.
"Città e
contado, Città e periferia e Città metropolitana formano un
sistema economico sociale autonomo in equilibrio instabile per effetto di un
rapporto distorto tra prodotto locale e merci importate da consumare o da riesportare senza subire trasformazioni.
In senso generale
ogni insediamento che concentri attività e interessi sul ricollocamento
dell’importazione crea un distacco economico difficilmente colmabile tra la
popolazione residente sul territorio e quella non residente per creare valori evanescenti agli interessi della comunità locale.
Oggi, l’attività
di ricollocamento dell'importazione non richiede particolari insediamenti di
persone, perché nella catena della grande distribuzione delle merci di prima necessità,
il grossista va scomparendo quale intermediario tra consumatore e produttore.
Questo fenomeno è
evidente osservando i capannoni industriali abbandonati e le portinerie dei
condomini invase da merci prodotte ovunque e consegnate in loco agli acquirenti
dai corrieri.
La tendenza di
medio termine prevede quindi la necessità di ridurre la ricollocazione delle
merci importate, condurre i rapporti tra produttori e consumatori ad essere
accessori per le merci i cui costi siano prevalentemente marginali (marketing,
mediazione, pubblicità e trasporto), rispetto a quelli diretti, connessi alla sola
fabbricazione e al confezionamento che impegnano la conoscenza e l'occupazione intesa esplicata nello spazio/tempo locali.
I costi marginali
si riducono a zero quando prodotto e consumo non superano i confini
locali.
Affinché ciò
avvenga si propaghino cinque principi di economia fondati sulla regola secondo la quale, quanto prodotto localmente sia destinato ad essere esportato a costo zero, solo per la parte eccedente la domanda interna:
- Il mercato: mercato dei beni e dei servizi per il consumo interno; reti di mercato che si affacciano al mercato esterno per prodotti da importare e/o da esportare fuori area locale.
- Tra i due fattori di produzione, terra e tempo, si gestisca l'occupazione in modo da non creare problemi di ricollocazione di persone e beni immateriali e materiali. In particolare, nell'ambito del lavoro, quello umano sia remunerato col Reddito di cittadinanza.
- Il mercato locale non debba subire problemi di ricollocazione nell’habitat locale tra città e contado.
- Meccatronica: sia regolata in modo che il suo utilizzo avvenga esclusivamente sotto dominio della risorsa umana.
- Banca locale commerciale emittente di ticket, e banche di investimento. In area locale viga la doppia circolazione monetaria tracciata.
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Occorre
richiamare la fondazione di Roma[1] per rappresentare le
tendenze di un nuovo paradigma.
C’è una realtà della romanità che non ha mai cessato di
esistere: la forma della sua nascita come regno, la sua trasformazione in democratica repubblicana, nella sua maturità, e imperiale alla sua fine. Romolo ne tracciò
il confine col solco d’aratro e il solco si è allargato sino ad oggi per superare i confini del mondo. Ma la romanità è grande perché è locale ed è sempre stata locale.
La romanità che si manifesta con la nascita nel mondo di ogni nuovo comune, e, in passato, delle Serenissime repubbliche[2] e delle Città anseatiche. Si trattava di una romanità che risorge ogni qualvolta gruppi di persone riescono a crearsi nel territorio un’autonomia propria col lavoro, col commercio interno e con le risorse disponibili senza pesare sulle istituzioni esterne e senza sottostare a balzelli, dazi ed altre imposizioni personali e reali.
La romanità che si manifesta con la nascita nel mondo di ogni nuovo comune, e, in passato, delle Serenissime repubbliche[2] e delle Città anseatiche. Si trattava di una romanità che risorge ogni qualvolta gruppi di persone riescono a crearsi nel territorio un’autonomia propria col lavoro, col commercio interno e con le risorse disponibili senza pesare sulle istituzioni esterne e senza sottostare a balzelli, dazi ed altre imposizioni personali e reali.
Oggi, l’idea di dare ai comuni italiani l’autonomia impositiva come in effetti si volle attuare con l’imposta unica comunale (IUC[2]), segna il primo passo per reintrodurre quelle autonomie che consentono al cittadino di valutare l’efficienza di quanto paga rispetto ai servizi ricevuti, e ai comuni, di avere risposte dallo Stato in termini di sostegno politico, culturale ed economico nei rapporti col mondo.
Un altro passo sarà compiuto quando il reddito dominicale non sarà più compreso nell’Imposta personale. Il reddito dominicale nasce dalla terra e deve essere restituito alla terra.
Queste brevi note di microeconomia vanno tradotte in termini di macroeconomia considerando che l'economia locale è incompatibile con le politiche liberiste che impongono il profitto come finalità monetaria e non i termini di prodotto per rigenerare il consumo. Oggi le teorie Keynesiane vanno applicate sull'offerta globale disaggregata e mai più sulla domanda che stimola quel consumo che ha insozzato terra, mare, monti, laghi, fiumi e pianure. E la Città di Roma, Caput Mundi.
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* Questo testo sarà incluso nella pubblicazione dell'Abbecedario politico dal titolo "L’Onda lunga dell’Essere".
[1]
Così, affidata Alba a
Numitore, Romolo e Remo furono presi dal desiderio di fondare una città in
quei luoghi in cui erano stati esposti e allevati. Inoltre la popolazione di
Albani e Latini era in eccesso. A questo si erano anche aggiunti i pastori.
Tutti insieme certamente nutrivano la speranza che Alba Longa e Lavinio
sarebbero state piccole nei confronti della città che stava per essere fondata.
Su questi progetti si innestò poi un tarlo ereditato dagli avi, cioè la sete di
potere, e di lì nacque una contesa fatale dopo un inizio abbastanza
tranquillo. Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva
funzionare come criterio elettivo, toccava agli dei che proteggevano quei
luoghi indicare, attraverso gli auspici, chi avessero scelto per dare il nome
alla nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione. Così, per
interpretare i segni augurali, Romolo scelse il Palatino e Remo l'Aventino.
[2]
[1]
Una di queste esiste ancora: San Marino, Stato autonomo, membro del Consiglio
di Europa e con il seggio all’ONU. Il mito ci rappresenta San Marino, un
tagliapietre dalmata dell'isola di Arbe, nel 301 d.C., fuggito dalle
persecuzioni contro i cristiani di Diocleziano, che stabilì una piccola
comunità cristiana sul Monte Titano, il più alto dei suoi sette colli. La
proprietaria della zona, una Patrizia di Rimini, donò il territorio del Monte
Titano alla piccola comunità, che lo chiamò per ricordare il fondatore
"Terra di San Marino" che prima di morire, avrebbe pronunziato ai
suoi seguaci la seguente frase: Relinquo
vos liberos ab utroque homine. Ab
utroque nomine, significa libero dal Sovrano che a quel tempo era
costituito dal Consolato dell’Augusto d’Oriente Diocleziano e Massimiano
Augusto d’Occidente - imperatori.
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